E’ fin troppo semplice tracciare brevemente la storia di questo gruppo che rimane una promessa mai mantenuta appieno del pop storico inglese anni novanta. Gli Embrace, capitanati dai fratelli McNamara, esordiscono come ottima band di piagnoni nel 1998 con un album (“The Good Will Out”) veramente ben prodotto-suonato-cantato, proprio nel momento in cui il brit-pop stava esalando gli ultimi respiri. Ballate come “My Weakness Is None Of Your Business” o “That’s All Changed Forever” erano degne del miglior Noel Gallagher. Un approccio melodico ruffiano ma di qualità . Successo, soldi, donne, eccetera.
Poi, in rapida successione, un disco leggermente sottotono, ma niente di peggio rispetto a quello che i Travis nel frattempo cercavano di vendere al resto del mondo (e qui io mi chiedevo “perchè gli Oasis si e gli Embrace no?“) seguito da un terzo lavoro, vero e proprio bidone della spazzatura, pieno d’immondizia indie di serie B e scatole di fagioli avariati, dal titolo “If You’ve Never Been”.

E proprio nel momento in cui io mi chiedevo “Ma perchè i Coldplay si e gli Embrace no” non ti sbuca fuori Chris Martin e salva gli amici d’infanzia McNamara che nel frattempo stavano facendo la fila all’ufficio di collocamento con un piatto di broccoli in mano? Grazie a una canzone degna del miglior Chris Martin in persona (oh mica possono essere tutti Noel Gallagher edizione 1995″…) “Gravity”, edita l’anno scorso, trascina “Out Of Nothing” fino a non so quanti dischi di platino, levando dalla fila all’ufficio di collocamento l’intera band e piazzandola all’interno di una vorticosa striscia di live performances sold out. Ecco che qui i proverbi ci vengono in soccorso: Battere il ferro finchè è caldo. Bam!!! Subito un altro album in rapida successione.

La differenza è che mentre “Out Of Nothing” era una sorta di ritorno alle origini sonore “da stadio” del gruppo questo “This New Day” è un lavoro che vuole svecchiarsi, levandosi di dosso la cosa che gli Embrace sanno fare meglio: piangere. Che detta così suona sarcastico ma è la cruda realtà  dei fatti. Gli Embrace sono una band nata per le ballate al pianoforte, o con la chitarra acustica, sfruttando la voce dal timbro riconoscibilissimo di Danny non certo per il sound anni ottanta molto The Bravery e Duran Duran che si respira qui dentro e che pervade l’album già  dalle prime tracce. Va detto però che il risultato in fin dei conti non è malvagio e la svolta new-wave della band è un primo (buon) segnale che forse si erano rotti “i cosiddetti” anche loro di lamentarsi dopo dieci anni. Emergono effetti robotici direttamente dal 1986 e un sound più compresso, meno arioso e soprattutto più diretto rispetto a quello oscuro e malinconico degli album precedenti.

Arma a doppio taglio che premia nelle tracce più tirate ma penalizza in quelle che non si capisce bene dove si vada a parare (“Finisce a mo’ di ballata? No aspetta, forse questa c’ha la svolta incazzata”…ah si ecco che”…no”…boh”…“). Volendo citare l’NME dell’anno scorso “Danny McNamara mentre canta avrà  anche la voce di un rinoceronte che si lamenta mentre caga un autobus ” ma il talento melodico di scrivere canzoni belle (seppur leggermente banalotte a volte) per cui molte band inglesi metterebbero la firma non glielo toglie sicuramente più nessuno.

Non ora. Non più.