Di Nathan Fake si è già  detto e nel caso si torni indietro a recuperare. Con l’uscita di questo “assaggio” ad opera del responsabile dell’etichetta verrebbe proprio da dire che la Border Community stia avanzando come un treno supersonico alla conquista dei vertici dell’elettronica più o meno dancey e psichedelica, vuoi per mancanza di concorrenti all’altezza (almeno per quel che ne so io, se avete in mente qualcuno proponete pure) o per quella capacità  di recuperare, integrare e portare ad un nuovo livello ciò che di buono ci era stato insegnato anni addietro da Aphex Twin, Boards of Canada e compagnia fritta bella.

Non siamo ai livelli del buon Nathan, così semplice e necessario. Qua è tutto più frammentato, più glitchoso, più micro-beat, più plik e plok, cr cr e tic tac. Un Game Boy impazzito e scoppiettante che allontanandosi dalla galassia continui a voler comunicare con la terra i suoi loop imbecilli tra le scintille ed i mille disturbi dell’oltrespazio. C’è un’impressionante maestria nello sfasare i piani paralleli, nell’intrecciare sirene, nel suggerire le (belle) melodie aeree ed astratte, nel gioco delle immersioni ed emersioni infinite.

Quando il pezzo parte c’è poco da dire: parte! E tu con lui. Il problema è semmai che se su dieci tracce quattro sono meraviglia pura (e non è poco!) per il resto ci si limita ad un esercizio ben eseguito, a delle ripetizioni/variazioni sui (pochi) temi, ad interludi e scherzetti. Insomma quella che c’è è ottima ma in generale: poca ciccia! Si attendono grandi cose da quest’uomo e dalla sua Border Community: è lecito farlo guardando lo sfavillio del presente. Per ora togliamoci l’appetito.

Credit Foto: Laura Lewis