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Nella Valle Di Elah ripropone uno dei grandi dibattiti di questo inizio di secolo cinematografico: Paul Haggis è uno dei migliori talenti del cinema americano, oppure è solo un abile relatore, che furbescamente costruisce le sue tesi con la forza della commozione? Per lui, dovrebbe parlare il curriculum: ha fatto una lunga gavetta come autore di serial tv, un vinto un Oscar quasi subito con Crash, è l’unico ad essersene presi due di seguito come sceneggiatore (Million Dollar Baby e ancora Crash).
Nella Valle Di Elah non fa che dimostrare che, amato od odiato che sia, Haggis è certamente un autore, in possesso di un’idea di cinema chiara e coerente. Questo è infatti un film dalla scrittura potente, che punta molto su una drammaticità  che sfiora sempre di un pelo il patetismo, e su una regia sobria, attenta, pudica nel mostrare una pena sempre intuita. Tommy Lee Jones telefona alla moglie per dirle che il figlio è stato ucciso: lui è impassibile e già  intenzionato ad indagare in merito, lei invece piange e urla di disperazione: ma Haggis è rispettoso e la riprende dall’alto, evitandoci l’immedesimazione con il suo strazio.

E’ un grande film americano, su quella attuale tragedia americana che è la guerra in Iraq. E’ un film potente e patriottico, e allo stesso tempo indignato, doloroso, in cui Haggis riesce a fare dell’Iraq un’ombra cupa che si stende nelle case del profondo sud, percorrendo mille rivoli fino ad entrare nelle case di tutti, con un bagaglio di disorientamento. In ogni luogo del film se ne sente distrattamente notizia, da un televisore acceso.

Ci sono tutti i valori portanti del suo cinema: specie quello della protezione, che porta nuclei ristretti di esseri umani a sorreggersi uno sull’altro in una solidarietà  disperata, mentre fuori il mondo perde qualsiasi tipo di direzione etica e morale. Capita quando si vedono Charlize Theron e suo figlio starsene nella camera, a raccontarsi favole, come a ricreare una sorta di placenta/barriera a difesa dall’ambiente esterno, perchè il bambino ha paura del buio. Capita quando in uno dei momenti migliori del film Tommy Lee Jones e Susan Sarandon, perso anche l’ultimo figlio, smembrato e dato in pasto alle bestie della prateria, si abbracciano nella luce livida dell’obitorio: la macchina da presa resta lontana, in disparte, in rispetto del dolore di questa coppia di vecchi ormai stanchi.

L’attore texano è fantastico nel reggere primi piani: più che la sua emotività  (volutamente contenuta, mai eccessiva) Haggis cerca piuttosto di scolpire la rugosa geografia del suo viso (i film di Haggis sono quasi sempre dei film di volti, basti pensare al dittico Flags of Our Fathers e Letters from Iwo Jima), quello di un uomo dell’esercito che si rifà  il letto con un ordine maniacale, che cerca un movente, una logica, per provare a capire chi, ma soprattutto perchè, ha ucciso il suo ragazzo. Il suo personaggio si muove per una nazione soffocata e annientata, che dietro l’apparente tranquillità  nasconde la dispersione di ogni sentimento, in cui anche l’omicidio è ormai un accidente banale, una circostanza casuale. E’ costretto mettere in moto anni d’esperienza nella polizia militare per cercare il colpevole, per ottenere giustizia e per salvare il suo fiero patriottismo, l’unico valore che gli è rimasto.
Haggis possiede anche l’umiltà  per metaforizzare una disperata richiesta d’aiuto, con il coraggio di chi riesce a toccare un simbolo nazionale e sacro – specie negli Stati Uniti – come la bandiera.

Il titolo si riferisce ad un racconto biblico: Nella Valle Di Elah, durante la guerra tra israeliti e farisei, il Re Saul mandò il figlio Davide a sfidare Golia, il gigante dei nemici. Il giovane riuscì a controllare la paura, prese la mira e riuscì a scagliare con la sua fionda una delle sue cinque pietre contro l’avversario. Chi può mandare il proprio ragazzo a combattere contro un mostro?

Locandina
Sceneggiatura di: Paul Haggis
Interpreti: Tommy Lee Jones, Charlize Theron, Susan Sarandon, Josh Brolin, Jonathan Tucker
Prodotto da: Blackfriars Bridge Film
Distribuito da: Mikado
Durata: 121′
USA, 2007

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