Ci sono stanze troppo ordinate per essere considerate davvero belle. C’è bisogno di quel tocco, anche impercettibile, di caos e di disordine per esprimere bellezza vitale, per avvertirne le pulsazioni. Non esiste una linea veramente diritta nelle cose che si dovrebbero provare dentro, assimilare fino al midollo della nostra anima,no la musica non può essere un mero cimelio da ammirare sotto una teca protettiva.

Il fatto è che Chan Marshall se ne esce con il secondo disco di cover (più l’inedito “Song to Bobby”dedicato a Bob Dylane alla rivisitazione di “Metal Heart” , brano presente su “Moon Pix”), ed è tutto così in ordine, piacevole all’ascolto ma quasi freddo, composto. Non riscalda come dovrebbe. E per me sono sbadigli, al primo ascolto sono anche sprofondato a metà  scaletta in un sonno quasi catartico. Ma qui ci vuole rispetto, e devo essere comunque oggettivo, anche perchè la gatta come interprete è davvero molto brava.

Lasciata da parte l’essenzialità  di “The Greatest” , i brani risultano più orchestrali, ondeggianti tra un andamento blues di tempo medio-lento: “New York New York” di Frank Sinatra, “I Believe in You” di Bob Dylan, “Don’t Explain” di Billie Holiday, “Lost Someone” di James Brown tra i brani in scaletta, tutti interpretati con classe e una grande dose di manierismo. Certo, se poi consideriamo che gli episodi migliori probabilmente sono i due brani autografi, viene spontaneo chiedersi il perchè di talune operazioni discografiche.

Quel che resta è un ottimo disco soprattutto per i fan, mentre per gli altri comuni mortali al massimo può rappresentare un piacevole e morbido intrattenimento mentre si lavora al pc oppure si è immersi in una sana lettura. Personalmente, da un disco io pretendo qualcosa in più, per cui tre stellette di pura stima per il personaggio.

Photo: Mario Sorrenti