Votati anima e corpo ad un progressive psicotico e a forza visionario, i Mars Volta, con i precedenti “Frances The Mute” e “Amputechture”, sprofondavano in un limbo musicale figlio di un’imbarazzante vena creativa più o meno prossima allo/agli zero assoluto.

Oggi, con le solite capigliature improponibili, ma senza l’effetto sorpresa che 5 anni fa fece di “De-Loused In The Comatorium” un ottimo disco d’esordio, la premiata ditta Blixer-Rodriguez, abbassa dignitosamente il tiro e si preoccupa diligentemente di non sbagliar mira, rimanendo all’interno di certi schemi musicali mai convenzionali, è bene dirlo, ma di sicuro lontani dai sado-masochistici pasticci schizofrenici dei precedenti lavori.

“Bedlam in The Goliath”, sorvolando sulle consuete storielle pseudo-esoteriche che porta in dote, è un onesto e a tratti ben riuscito tentativo di rimettere le cose in ordine.
Sebbene risulti difficile, anche dopo qualche ascolto dei più attenti, riuscire a memorizzare strutture e sonorità , “Aberinkula”, traccia che apre il lavoro in nome di una più facile fruizione della proposta musicale, sembra essere la maniera adatta per avvicinare ai Mars Volta anche chi di King Crimson, Jethro Tull e progressive in se non vuole proprio sentirne parlare.
Certe soluzioni vocali poi, che una volta scostata la lacrimuccia di rito, riportano alla mente gli At The Drive-In che furono, unite a pregevoli arrangiamenti (vedi “Soothsayer”, sicuramente da annoverare tra gli episodi più riusciti dell’intera discografia della band) potrebbero perfino far pendere la bilancia del gradimento generale dalla parte dei Mars Volta, per una volta sorridenti, e capaci addirittura di deliziare con le ballabili e convincenti ritmiche latine di “Ylenia”.

Poi però, visto che nulla fu mai più vero del fatto che il lupo perde il pelo ma non il vizio, certi falsetti di Blixer che sembrano usciti dritti dritti da qualche videogioco degli anni ’80 e le consuete divagazioni che, escludendo le ottime “Goliath” e “Cavallettas”, fanno salire il minutaggio di gran parte dei pezzi oltre il limite sopportabile, riportano il tutto a quella normalità , qui sinonimo di piattezza e prevedibilità , che non vorremmo comparisse mai in un disco.
E allora, “Bedlam In Goliath” finisce per suonare incompiuto, con buone e convincenti idee sommerse e soffocate da troppi cervellotici virtuosismi e tecnicismi di cui francamente non se ne sente il bisogno.