[ratings]

Ho scoperto Alela Diane nel giugno 2007: ero a Londra e avevo comprato la mia solita pila di cd nel mio negozietto di fiducia per la musica indie, avanguardia, post-post–insomma, tutto quello che non si trova nei negozi “normali”… (negozietto molto famoso, ora è nei pressi di Brick Lane, ma all’epoca era ancora nella sua sede storica vicino a Covent Garden, nel sottosuolo di un altro negozietto di skateboards–chi indovina di che negozio si tratta concorrerà  all’estrazione a sorte di un molare).
Visto l’investimento fatto (in sterling pounds!) i tizi mi regalano 4 o 5 cd: tra elettronica dura, drones di 54 min e altre cose che adoro solo io, c’era questo ep di Alela.
Suonarlo e innamorarmi è stata cosa simultanea.

Una chitarra pulitissima fatta di fingerpicking dolce ma inesorabile nel suo ritmo ipnotico, una voce solo apparentemente monotonica, ma ricca invece di dinamica, dallo spessore quasi fisicamente percettibile, morbida e potente al tempo, virante con impeccabile scelta ad un falsetto delicatissimo e fragile. Un folk intenso e personalissimo, un prodotto magnifico del folk revival che sta travolgendo gli States come una tempesta benigna e che ha tantissimi forme, dal freak al psych, dall’improvvisazione al rigore, dalla contaminazione alla ricerca di radici in costante mutazione, acustico, elettrico, elettronico.
Se proprio vi piacciono i paragoni, pensate ad una Joanna Newsom più lineare melodicamente e con meno dubbi, ma dalla stessa potenza immaginifica, o ad un Devendra Banhart quando è solo voce e chitarra, e senza i fruscii…

La (lunga) storia di “The Pirate’s Gospel” (che poi è anche la storia di Alela) è bellissima… Alela Diane, classe 1983 e californiana di Nevada City, è figlia di Tom Menig (chitarra e voce dei DeadBeat, una cover band dei Grateful Dead) e di Suzanne (degli Azulita, una band di rock latino): cresce quindi con la presenza costante della musica. Strimpella presto, ma non troppo. A 19 anni accadono tante cose: va a S. Francisco ma non fa in tempo a sistemarsi che i genitori si separano e vendono la casa dove era cresciuta: così sradicata di colpo comincia a suonare e a scrivere canzoni sul serio. Nell’estate del 2004, con i pochi soldi che le spettano dalla vendita della casa, se ne va nel sud della Francia, via Londra e Parigi: fa vita raminga, e scrive quasi tutto “The Pirate’s Gospel”.
Finalmente con la mente pacificata, torna a casa, nelle colline dove era nata: registra le canzoni scritte nelle sue peregrinazioni europee nello studio del padre, va a vivere in una capanna di tronchi nella proprietà  della famiglia di Mariee Sioux, sua amica del cuore e cantante anch’essa (la troviamo in varie tracce di “The Pirate’s Gospel”), lavora come cameriera in un caffè, poi si trasferisce nell’Oregon e comincia a fare concerti, sempre lavorando come cameriera.

Nel frattempo prepara in più riprese 650 copie del suo cd, piegando le buste di carta, disegnandole una ad una con inchiostro di china e decorandole con merletti fatti sempre da lei, che regala ad amici e parenti e distribuisce ai concerti.
Nel 2006 la Holocene Records la mette sotto contratto, rimasterizza “The Pirate’s Gospel” e lo distribuisce negli States. Cominciano tours incessanti e nel 2007 la Fargo distribuisce il disco nel resto del mondo.

Detto della voce e della musica, le canzoni raccontano di madri e di figlie, di ricordi e di piccole cose, di sogni, del vento e delle stagioni, di perdite e della voglia di rialzare la testa e di andare comunque avanti, di vita, morte e rinascita.
Una meraviglia.

Alela Diane sta per fare uscire il secondo disco: aspetto fiducioso, mentre mi godo il primo.

Cover Album
Band Site
MySpace
The Pirate’s Gospel [ Fargo- 2008 ] – BUY HERE
Similar Artist: Mariee Sioux, Devendra Banhart, Joanna Newsom, Larkin Grimm, Ane Brun
Rating:
1. Tired Feet
2. The Rifle
3. The Pirate’s Gospel
4. Foreign Tongue
5. Can You Blame The Sky?

6. Something’s Gone Awry
7. Pieces of String
8. Clickity Clack
9. Sister Self
10. Pigeon Song
11. Oh! My Mama