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Dove il giorno ferito impazziva di luce… E ci prepariamo ad un’altra estate con le nostre file in autostrada, le nostre file per l’ombrellone, le nostre file per tuffarci nel mare, le nostre file per parlare con lei, le nostre file per tornare a casa, le nostre canzoni demenziali e le camicie sbottonate per sembrare migliori. Ci prepariamo a rinfrescare le nostre carceri, i nostri fronti sguarniti, i nostri smaglianti sorrisi. Ma siamo soli e bruciamo nel nome di niente. Ci fermiamo dinanzi a quel poco che ci rincuora, forse senza pretese, sicuramente stringendo i pugni come da piccoli. Ci rannicchiamo tra le braccia di una canzone e ci lasciamo dondolare. Spesso dura poco. A volte vorremmo che fosse fino all’infinito. Come quando ti capita tra le mani un disco del genere, tributo ad uno dei più geniali e lirici gruppi italiani del secolo passato: i Diaframma. Alla base di tutto c’è l’ammirazione per Federico Fiumani, deus ex machina della band fiorentina, musicista e poeta, ribelle ed oscuro giovane mai invecchiato, uomo diretto e mai banale, pioniere del post-punk nel Bel Paese. Chiunque sia stato chiamato a partecipare a questo progetto ha fatto suo un brano dei Diaframma e con amore viscerale la ripropone nel “Dono” (titolo di Nabokoviana memoria, non a caso), baciandolo con la passione di chi ama davvero e rendendolo un pezzo proprio. Allora ecco la rabbia bruciante della perdita scavare tra le corde vocali di Vasco Brondi (aka Le Luci della Centrale Elettrica), la purezza incontaminata delle vette toccate da Alessandro Grazian, la poesia che raddoppia nell’elettricità dei Marlene Kuntz, la splendida versione dei Superpartner e dei gloriosi Santo Niente di Umberto Palazzo oppure la profonda intensità raggiunta dai Magnolia e da The Niro. Non citare qualcuno, da Samuel Katarro a Bobo Rondelli, da Elena Stancanelli che ridisegna la gelida “Amsterdam” agli Altro (quest’ultimi quasi perfetti filologicamente nel loro tributo) per arrivare fino ai Tre Allegri Ragazzi Morti o a Dente e al N.A.N.O., significa rendergli un torto, perchè nessuno risulta disarmonico, ogni performance è appropriata e si ritaglia il suo spazio d’ascolto con interpretazioni che restituiscono il sapore originale delle canzoni dei Diaframma con l’aggiunta però del proprio punto di vista. Dal canto suo Federico Fiumani appare in due brani, in uno dei quali accompagna gli Zen Circus nel manifesto della sua vita, questa tagliente scheggia di luce fatta di sguardi voraci verso la realtà che lo ha circondato e di parole lucenti ed essenziali come quelle del vero poeta. Per i neofiti del gruppo fiorentino questo è un ottimo trampolino di lancio per addentrarsi nel loro mondo; per i fans di lungo corso sarà invece un piacevole ripasso con in un più lo stupore di ritrovarsi fra le mani un disco fatto di canzoni rilette in una maniere semplicemente meravigliosa. |
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