STAGES
RACE STAGE: CHIKINKI, LOUIS XIV, THE ROOTS, DIRTY PRETTY THINGS, THE CHARLATANS, THE HIVES, MANIC STREET PREACHERS, DIE FANTASTICHEN VIER
GREEN STAGE: KONTRUST, HIFI HANDGRENADES, TEITUR, IAMX, BLACKMAIL, SLUT, IRON&WINE, ADAM GREEN
WEEKENDER UK STAGE: 1984, SPARKADIA, THE TEENAGERS, WHITE LIES, KINGSIZE, THE INDELICATES
ELEKTRO TENT: SINUS, KEN HAYAKAWA, LUETZENKIRCHEN, MAX H. VS MARK MECHANIK
OPEN STAGE CONTEST:LUCKY STRIKES BACK, RISEFALLING, MINZE, LAVAGANCE

A Ferragosto la residua euforia per la magnifica serata precedente viene subito soffocata dallo spettacolo che ci troviamo davanti non appena scostiamo le tende dalla finestra nella nostra stanza: il cielo è completamente coperto da nuvole scure e minacciose che sembrano estendersi fin dove la vista può arrivare. Per la giornata si preannuncia pioggia sicura, ma non essendo i sottoscritti dotati di nulla, passiamo mezza giornata alla ricerca di un negozio aperto dove comprare una giacca a vento o un k-way. Dopo un lungo peregrinare, acquistiamo un mirabolante k-way della celeberrima griffe “‘Austria Sport’ per 20 euro, che servirà  a non farci finire all’ospedale per broncopolmonite il giorno successivo.

Indossata la supersobria giacca a vento ““ che addosso fa pure la sua sporca figura -, imbocchiamo la strada per il Salzburgring pronti a tutto pur di goderci una lineup oggi più succulenta che mai: The Roots, Dirty Pretty Things, The Charlatans, Hives e Manic Street Preachers in sequenza sul Main Stage, e da Iron & Wine e Adam Green sul Green Stage.

Le vicissitudini di cui sopra ci impediscono di arrivare in tempo per i Roots, gruppo hip-hop e rock che a nostro avviso dal vivo avrebbe avuto qualcosa da dire. Riusciamo a malapena a vedere gli ultimi stralci del live dei Dirty Pretty Things di Carl Barat, che incroceremo più tardi nella sala stampa.
Ci avviciniamo al palco principale con largo anticipo, con l’intenzione di gustarci alle 18.30 i Charlatans nel miglior modo possibile. Mai visti dal vivo prima d’ora (dubito peraltro che abbiano suonato spesso in Italia, certamente non a Roma), sul nostro podio brit i ciarlatani di Tim Burgess stanno giusto uno scalino sotto a Primal Scream e Verve. Inoltre dopo qualche album di maniera, con l’ultimo “You Cross My Path” i Nostri sono tornati ad alti livelli, rivestendo il proprio marchio di fabbrica fatto di organi avvolgenti e chitarre britpop con della densa patina New Order, che però suona di molto meglio delle ultime produzioni della ditta Hook/Summer.
Il live dei mancuniani conferma l’ottimo stato di forma del gruppo. Tim Burgess continua ad avere l’aspetto di un adolescente (ma con un orrendo taglio di capelli stile paggio medievale) e il gruppo lo accompagna lungo una performance in cui suoneranno sia i pezzi storici (“Weirdo”, “The Only One I Know”, “One To Another”) sia cose più recenti (“Oh! Vanity”, “You Cross My Path”). Anche se dopo una ventina di minuti inizia a piovere maledettamente, continuiamo a ballare sotto il palco fino alla fine del concerto, che per noi resterà  uno dei più emozionanti dell’anno.

Salutati i ciarlatani, ci infiliamo di corsa nella sala stampa, per decidere di che morto si sarebbe dovuto morire. Due le possibilità : rifugiarci nella Vip Area al coperto, dove però bisogna dire che i concerti si “‘vedono’ ma non si vivono, oppure restare stoicamente sotto la pioggia, a rischio broncopolmonite appunto, anche per i prossimi live. Decidiamo di essere rock fino in fondo, “‘che alla fine se si deve crepare meglio farlo con onore e sotto il palco.
Presa la sofferta decisione, corroborata da una birra, come si diceva abbiamo l’occasione di fare due chiacchiere due con Carl Barat, che si trova nella sala stampa con il resto dei Dirty Pretty Things per alcune interviste.
Posto che il batterista di colore della band o faceva lo scemo con gli amici oppure è una delle più grandi checche mai incontrate, Barat ci darà  l’impressione di essere un professionista serio, un ragazzo davvero tranquillo, educato, cortese e sempre pronto a scambiare qualche parola con chi dimostra interesse nei confronti della sua musica. Nulla a che vedere col demente-Doherty dunque, che non mancherà  di lasciarsi accusare anche in terra austriaca.

Finita la birra siamo di nuovo fuori nel nubifragio. Alle 19.30 è il turno degli Hives, altro gruppo che volevamo vedere dal vivo da molto tempo. Grazie al casino che si crea all’ingresso a causa della pioggia, non si sa come ci fanno entrare nello spazio dedicato ai fotografi, ovvero prima della prima file, ad un metro scarso dal palco. Da questa incredibile posizione il concerto degli svedesi ci fa dimenticare di essere completamente zuppi e congelati: il loro live è una cosa semplicemente straordinaria, una bomba ad orologeria perfettamente rodata fatta di pose rock, dialogo col pubblico, salti, distorsioni e garage punk sparato a velocità  supersoniche. Grazie a Pelle Almqvist e alla sua band anche i pezzi dell’ultimo album ““ debolucci su disco ““ appaiono allo stesso livello di quelli dei lavori precedenti. Agghindati in completi bianchi e neri stile college anni Cinquanta, con il solito logo rosso luminoso sullo sfondo, il combo svedese apre con “You Got It All”…Wrong”, uno degli episodi migliori di “The Black and White Album” insieme a “Won’t Be Long”, anch’esso presente nella setlist di stasera. I pezzi forti del gruppo ci saranno comunque tutti: da “Main Offender” a “Have To Say I Told You So”, da “Diabolic Scheme” e “A Little More For Little You”, da “Walk Idiot Walk” a “No Pun Intended”. Potenti e stilosi, gli Hives sono il perfetto gruppo da Festival e rientrano in quella ristretta categoria di band che, una volta nella vita, vanno assolutamente viste dal vivo.

Lasciamo il Main Stage pochi minuti prima che termini lo show degli svedesi, con l’intenzione di cenare nella Vip Area prima di tornare da basso per seguire il live dei Manic Street Preachers. Gli headliner della giornata non sono però loro ma i famosissimi, quotatissimi e quasi mitici (solo in Austria e Germania, s’intende) Die Fantastichen Vier, band che da quel che abbiamo capito suona una specie di hip-hop rockettaro in lingua teutonica. Ovviamente, non li vedremo.
Cena frugale, recupero delle energie e di nuovo sotto al temporale, ancora tra le prime file, visto che oggi il pubblico sarà  la metà  del giorno precedente.

Qui il freddo, la pioggia, il fango, una platea arricchita da una folta presenza britannica e la bandiera gallese issata sul palco, ci regalano la forte sensazione di un salto indietro nel tempo a metà  degli anni ’90. A questo punto sembra di essere ad uno qualsiasi dei mitici festival inglesi in pieno periodo brit, Glastonbury o Reading, dove appunto i Manics erano ospiti fissi insieme a tutti i mostri sacri della cool-britannia.
Inizialmente distratti da queste considerazioni e da un’acqua buttata a secchiate, non ci accorgiamo che “Motorcycle Emptiness” ma soprattutto la successiva “You Stole The Sun From My Heart” vengono eseguite con il microfono di James Dean Bradfield praticamente spento. Il live si ferma quasi subito, i nostri spariscono dalla visuale per riapparire dopo pochi minuti, a problema tecnico prontamente risolto.
Si riprende passando in rassegna una discografia ricca di ottimo rock-melodico dalla forte componente politica, un’ora e mezza nella quale scorre il film-sonoro di una band dalle mille vite.
Riviviamo gli esordi punk-glam, ai quali, vedendo come si presenta Nicky Wire, i nostri sembrano tutt’ora particolarmente legati, il periodo del dolore e della riflessione in seguito alla scomparsa di Richie Edwards (disco “Everything Must Go”), il grande successo di “This Is My Truth Tell Me Yours”, l’ennesima rinascita identificata nel recente ottimo lavoro “Send Away The Tigers”.
“A Design For Life”, “Kevin Carter”, e ancora “Autumsong”, l’acustica “The Everlasting”, “Your Love Alone Is Not Enough” – grande brano anche senza la presenza on-stage dell’angelica Nina Person – rimangono tra i momenti più intensi del live e per quanto ci riguarda dell’intero festival.
I mezzo a tutta questa grazia trovano spazio anche due cover come “Pennyroyal Tea” (Nirvana) e “Umbrella” (Rhianna, si proprio lei, la topona che agita il sedere su Mtv), parentesi, specialmente la seconda, capaci di fare colpo anche e soprattutto su coloro che tra i presenti attendono solamente l’inizio degli idoli locali Die Fantastischen Vier. La chiusura è invece tutta politica, grazie all’inno antifascista “If You Tolerate This”…”. Applausi scroscianti, come la pioggia che continua a cadere.

Dopo aver passato diverse ore sotto il nubifragio proprio non ce la sentiamo di arrivare fino al Green Stage per Adam Green. Scusandoci idealmente con l’interessato e facendo slalom tra le tende fluttuanti nel fango appartenenti ai disperati campeggiatori, filiamo dritti a casa.
Nei letti gentilmente offerti dalla padrona di casa Frau Lindner dormiremo sonni beati. E, soprattutto, asciutti.

thanx to Julia Hagmair (FM Service) e Bruno De Rivo (Radio Tandem, IndieBar, IndieForBunnies)

Link:

  • FM4 FREQUENCY FESTIVAL Official Site

Video della serata: