Gli anni passano per tutti e anche per gli Stereolab. Eccoci al nono disco, ancora una volta pubblicato sulla label della band, la Duophonic, registrato nel loro studio di Bordeaux, il secondo dopo la morte improvvisa di Mary Hansen. Il cammino della band è sempre stato diviso tra la componente più “‘pop’ e easy listening e la componente più sperimentale, che si rifà  in gran parte al krautrock anni ’70 (specialmente reminiscenze dei Neu!). E in “Chemical Chords” la prima componente decisamente inizia a prendere il sopravvento, come non mai.

è chiaro che il “pop” inteso dagli Stereolab non è convenzionale. Il vibe anni 60 che pervade il disco viene in un certo senso “riadattato” alle esigenze stilistiche della band, e lo si può subito intuire dalla prima traccia “Neon Beanbag” o nella title track. Se Tim Gane aveva parlato che stavolta il punto di riferimento sarebbe stato la scena Motown, le promesse sono state mantenute, soprattutto nell’uso della sezione ritmica (“Three Women”, “Fractal Dream Of A Thing”, “Daisy Click Clack”) che miscelata alla dolce voce della Sadier e agli arrangiamenti “vintage” danno un buon risultato. “Pop Molecule” è uno dei rari casi dove si torna indietro nel tempo, una bella cavalcata monocorde che può ricordare “Mars Audiac Quintet”. Interessanti le sonorità  che escono fuori in “One Finger Symphony”, purtroppo rovinata dall’eccessiva brevità  del pezzo. Ed ecco uno dei piccoli difetti che si riscontrano in “Chemical Chords”: alcune idee, anche eccelse, vengono rovinate dall’intenzionale breve minutaggio, perfetti esempi possono essere sia “One Finger Symphony” che” Valley Hi!”. Qualche altra pecca c’è: suoni ed arrangiamenti troppo “‘puliti’ (l’intuizione melodica di un pezzo come Nous Demandons Pardon mi risulta sprecata, se usata così..), indugiare eccessivo sugli archi (cosa che alla fine rende alcuni pezzi troppo simili l’un l’altro ad un primo, o anche secondo, ascolto) e , forse, troppe tracce per un album del genere.

Il fatto che l’album sia stato costruito partendo dalle intuizioni di Gane fatte di loop di batteria minimale, vibrafono e pianoforte si sente e “Chemical Chords” non è affatto un pessimo disco, anzi! Ma, a mio modestissimo parere, se certe idee fossero state sviluppate in modo diverso, lasciando da parte un’eccessiva quadratura del tutto, e lasciando più “ariosità ” alle composizioni (cosa fatta ad esempio in un intermezzo di “The Ecstatic Static”) il risultato sarebbe stato un gradino sopra..certo non si può chiedere la luna a chi è sulle scene da 18 anni e oltre. Un lavoro gradevole, a tratti manieristico, ma comunque gradevole. E magari gli Stereolab qualche sorpresina prossima ce la riserveranno, visto che nell’Instant Zero Studio durante le sessions sono state registrate 32 tracce in tutto e alcuni dei brani migliori della raccolta “Oscillons from the Anti-Sun” erano brani inediti in precedenza, quindi”…