Enablers
Tundra

Con “Tundra”, ultima fatica discografica, i californiani Enablers si ripropongono dopo quasi tre anni dal loro “Output Negative Space” dando ancora una volta grande prova di validità  stilistica, grazie ad arrangiamenti e soundscapes sempre più elaborati , accompagnati da una maturità  oramai consolidata soprattutto per quanto riguarda le liriche.

Da sempre la band di San Francisco si caratterizza per il suo sound post-rock molto vicino a band come Explosion In The Sky o Red Sparrow, quest’ultimi vecchia conoscenza dei nostri presso la Neurot, etichetta che produsse i loro primi due dischi “End Note” ed il sopra citato “Output Negative Space” .
La line up strumentale composta da Joe Goldring alla chitarra e hammond (ex Swans, Toiling Midgets, Out In Worship), Kevin Thomson chitarra e basso (ex Timco e Nice Strong Arm) e Yuma Joe Byrnes alla batteria (ex Tarnation e Broken Horse) fornisce il supporto ideale per le poetiche, narrate in stile spoken word, di Pete Simonelli. Il loro art-rock cosi malinconico e pastorale capace di esplodere in picchi noise alla Oxbow quanto di trasformasi in un tappeto sonoro giocato su arpeggi in loop e percussioni appena accennate è perfetto per l’eccellente recitazione di Simonelli, ricordando per potenza i primi lavori di Rollins Band e per poeticità  i nostrani Massimo Volume.

Il disco sia apre con “A blues” manifesto dell’anima più intimista degli Enablers dove spicca maggiormente la loro componente lirica cosi come nella seguente “The Destruction Most Of All”, mentre nelle successive “Carriage” e “Februaries” esce fuori l’aspetto più dissonante e grezzo della band, dove la ritmica incalsante e le distorsioni acide ricordano i Fugazi di 13 songs.

E’ difficile individuare nei dieci pezzi componenti “Tundra” un brano più riuscito degli altri poichè il tutto risulta ben calibrato, dosato al punto giusto, alternando e contrapponendo profondità  e solidità  sonora come due lati di una stessa medaglia.

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