Un palazzo bianco con i vetri a specchio che si erge, rigido, nella forma spigolosa e nella scelta cromatica minimale. Un video in bianco e nero proiettato su una parete nuda, il pavimento spoglio costruito dalla geometrica alternanza di piastrelle bianche e grigie. Sono come piccoli flash riportati alla mente dalle sensazioni che nascono scoltando 9, creatura di Marco Bosolo, nato a Pordenone, ma di stanza a Berlino da diversi anni.

Nella sua musica è evidente il rimando alla tradizione elettro-glitch di stampo teutonico. Ci sono le geometrie pop dei Notwist, ma c’è anche di più, soprattutto nelle scelte vocali, come in “Sogni”, brano cantato in italiano dalla voce delicata di Julia Erdmann. Sono sfumature diverse in un corpo unico e cangiante, che parte dal pop minimale in chiave elettronica, lambisce il dubstep e le sonorità  della cosiddetta avanguardia propria di etichette come la !K7. Un album moderno che non ama indugiare guardandosi allo specchio compiaciuto, prova piuttosto a distinguersi in meglio nel panorama ormai affollatissimo dell’avanguardia.

E da qualunque angolazione lo si possa analizzare, “Eponymous” è un disco che non sfugge mai al concetto di pop, che sia una pulsazione appena accennata dietro una tendina di loop delicati, oppure una malinconica voce che canta soffusa al calare della notte il risultato è sempre godibile. Un pugno di sogni sintetici appesi fuori la finestra che guarda la strada vuota sotto di noi.