Da martedì 17 febbraio 2009 il Circolo Degli Artisti, live club di Roma, non esiste più.

Verso le ore 23,30 una micidiale deflagrazione a spazzato via definitivamente il locale per musica dal vivo più importante della capitale. A tal proposito sono scioccanti i racconti dei testimoni riguardo l’accaduto, c’è chi ricorda soltanto il momento dell’ingresso sul palco di tre figure non ben riconoscibili, certamente responsabili del fattaccio, e poi nulla più, c’è chi parla di una vera e propria bomba atomica sonora, chi invece ha impiegato giorni per riacquistare la normale deambulazione e percezione sensoriale.

Di una cosa siamo però certi , martedi 17 febbraio 2009 verrà  ricordato come il giorno in cui i Zu hanno fatto saltare in aria il club di via Casilina Vecchia.
Ovviamente anch’io ero presente quella sera e ribadisco , che quello del trio romano è stato uno dei live più incendiari a cui il sottoscritto abbia mai assistito.
Non sono certamente io a scoprire il talento dei Zu, ne era la prima volta che mi capitava di vederli all’opera, però posso tranquillamente dire che questo è stato in assoluto il loro live più coinvolgente. Personalmente li avevo conosciuti già  qualche anno fa in quel dl Qube, quando fecero da spalla ai Fantomas/Melvins bigband e già  quella volta avevo apprezzato il muro sonoro che erano riusciti ad esprimere, addirittura mi piacquero più del gruppo principale.

Questa volta però hanno espresso al massimo il loro potenziale, sia da un punto di vista tecnico che di impatto scenico/musicale a riprova che come il buon vino più passa il tempo, più esperienza accumulano e più riescono nel loro intento ossia quello di destabilizzare l’ascoltare.
Già  perchè la musica dei Zu è difficilmente catalogabile dentro i classici standard musicali, un vero e proprio magma di suono dove le loro radici jazzcore, forti dell’influenza di John Zorn, incontrano il freejazz, fino ad incrociare il math-rock più grezzo stile Shellac. Per dirla in breve, eclettismo musicale allo stato puro.
Ma più della tecnica o dei riferimenti per musicologi, il loro punto di forza stà  nel fatto che il proprio sound arriva diretto come un pugno nello stomaco indifferentemente ad orecchie più o meno allenate.
Nonostante siano una band d’avanguardia non privi di continue ricercatezze stilistiche, i Zu riescono comuque ad impressionare(nel senso buono) anche chi musicalmente parlando è distante dal loro mondo,testimonianza ne sono le loro infinite collaborazioni con band diversissime: Teatro Degli Orrori, Dalek, la partecipazione all’ultimo video dei Linea 77, solo per citare alcuni tra i nomi più conosciuti nel mainstream italiano.

In fine il loro live, dove gli incastri millimetrici di basso e batteria rispettivamente Massimo Pupillo e Jacopo Battaglia, si stendono come una pesante coperta sotto le ardue linee di sax di Luca Mai, in modo che la melodia e la dissonaza si fondono insieme in un caledoscopio di suoni e rumori.
Tornando nello specifico del concerto romano, in ultima analisi, posso soltanto dire che il punto più alto l’hanno toccato con “Ostia” brano d’apertura del loro ultimo disco “Carboniferus” uscito per la Ipecac Record di Mike Patton, prova provante del reale talento di una band che purtroppo dalle nostre parti non gode del successo che meriterebbe. Non preoccupatevi ragazzi arriveranno tempi migliori.

Ringrazio Francesco Romano per la gentile concessione delle fotografie.

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