L’uomo con la torcia si fa strada senza troppa grazia attraverso il pubblico radunato davanti al piccolo palco della Casa 139. Sembra nervoso e cammina in fretta. Lo lasciamo passare, aspettandoci di vedere subito dietro le Au Revoir Simone, dirette anche loro verso la porta stretta del camerino. Le tre newyorkesi però non si vedono, e anche l’uomo con la torcia sembra interdetto: il suo compito doveva essere scortarle sane e salve fino al palco, invece sono scomparse.

Arrivano un paio di minuti più tardi, le tre Au Revoir Simone, con tutta calma e sorridenti come sempre. Dovevano essersi fermate a chiacchierare con qualcuno, dimentiche di ogni clichè d’artista, di ogni frenesia pre-concerto. Sono così anche sul palco, del resto: sincere e terribilmente spontanee. Ce ne rendiamo conto dopo qualche minuto, quando finite di sistemare le tastiere Heather, Erika e Annie, sempre sorridenti, lasciano il camerino, salutano e iniziano a suonare.

La scaletta, com’era prevedibile, concede spazio alle canzoni del nuovo album “Still Night, Still Light”, senza esagerare però, senza dimenticare il passato. Non mancano alcuni tra i brani migliori dal precedente “The Bird Of Music” e non manca quella “Through The Backyard”, dall’esordio “Verses Of Comfort, Assurance & Salvation”, che per prima ha fatto spargere in giro il nome Au Revoir Simone. Le nuove canzoni, ad ogni modo, si incastrano alla perfezione con i brani più datati, e compensano il loro non essere ancora conosciute con l’immediatezza leggera che avvolge ogni composizione delle tre newyorkesi. L’apertura è affidata proprio a un brano del nuovo album, “All Or Nothig”: dolce, soffuso, diretto, delicato e quasi ipnotico nell’intreccio dei suoni e delle voci. Il mondo tenero ed elettropop delle Au Revoir Simone è subito davanti agli occhi: non resta che seguirlo fino alla fine del concerto.

Ci sono problemi tecnici, di volumi, sia sopra al palco che per il pubblico, e la resa sonora non è delle migliori. Ci si fa poco caso, però, cullati dal ritmo gentile dell’elettronica, dalle tastiere, che si incontrano, sovrappongono, divergono, e dalle voci, di Annie, di Erika, di Heather, sempre incantevoli, venate appena di malinconia. Ci fanno poco caso anche le Au Revoir Simone: si divertono, scherzano, non smettono di regalare sorrisi. Rispetto alle altre occasioni in cui mi è capitato di vederle, sono decisamente più sciolte, più sicure, più capaci di tenere il palco, più prese, anche, dal flusso delle note e delle parole. Più consapevoli.

E’ uno spazio a parte un concerto delle Au Revoir Simone. La loro musica è talmente riconoscibile e inconfondibile che traccia confini di sospensione: una bolla incalzante, malinconica e leggera che per un’ora scarsa ha avvolto la Casa 139, le tre ragazze sul palco, le loro tastiere e il pubblico numeroso accorso a vederle. Poi, come ogni cosa bella anche questa è finita. Ma le Au Revoir Simone, anche una volta scese dal palco, non hanno smesso di sorridere.

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