PROGRAMMA
Salone della Cultura: LINDSTROM, LAURENT GARNIER, A CRITICAL MASS feat. AME – DIXON – HENRIK SCHWARZ, FRANCOIS KEVORKIAN
Aula Magna: BAT FOR LASHES, MICACHU & THE SHAPES, PETER CRISTOPHERSON, SALEM, ACTRESS
Terrazza: AFRODISIA video set, BURAKA SOM SISTEMA, RADIOCLIT

Sabato 9 maggio le cose vanno meglio del giorno precedente: riusciamo a seguire più live, c’è meno gente del venerdì ““ cosa che rende frequentabile anche il “‘Salone dei Culturisti’ ““ e il pubblico presente è parso sorprendentemente più interessato alla musica che alle pasticche e alle risse. La serata della crew di Ifb ““ stasera più folta che mai, con la special guest delle grandi occasioni: l’oscuro cavaliere del Jack Daniels, già  violento animatore alcolico dello scorso Summercase Festival e protagonista libertino anche in questa occasione -, si apre con uno dei migliori live di questa edizione: i Bat For Lashes nell’Aula Magna.

Smaltito l’immancabile ritardo, Natasha Khan in attillata tutina zebrata, prende posto insieme al suo gruppo su un palco intimamente arrangiato.
Bambole, tappeti persiani, lucine, animali impagliati, ma soprattutto strumenti musicali disseminati un po’ ovunque, finalmente ritroviamo il grande stage dell’accogliente sala pronto per regalarci un live in perfetto stile e non più solo ostaggio di poche e desolate ‘attrezzature per musica digitale’. La grande presenza di pubblico conferma ancora una volta l’interesse che anche dalle nostre parti comincia a crescere intorno all’artista anglo-pakistana, fresca reduce dal sold-out di Milano e dall’articolo a tutto pagina del quotidiano la Repubblica.
Natasha Bat For Lashes non disattende le attese. La sua voce vibra trascinante e sensuale, ora acuta ora sussurrata, mentre la sua band (riconosciamo al basso Charlotte Heatherley, recentemente fuoriuscita dagli Ash) la asseconda, disegnando sognanti affreschi cantautoriali. La resa dal vivo è ottima, il talento compositivo non è mai stato in dubbio, ecco allora che i paragoni con Bjork, Kate Bush e Tori Amos sembrano, soprattutto dopo questo concerto, meno scomodi.
La Khan e i suoi concludono l’ottima performance con la tanto attesa “Daniel”, singolo riproposto per l’occasione in interessanti vesti elettro-pop molto 80’s. Gli applausi sembrano durare all’infinito e i Bat For Lashes se li meritano tutti, dal primo all’ultimo.

Dopo questa esibizione scegliamo di salire in terrazza per seguire i digitalismi africaneggianti di Radioclit feat. African Boy & Mo Laudi e Buraka Som Sistema. Con un nome che ricorda dei transistor amanti delle stimolazione erogene, il duo london-based Radioclit – formato dal francese Etienne Tron e dallo svedese Johan Karlberg ““ propone solitamente colorati milkshake a base di ghetto beat, electro, house, grime e quant’altro. Tali gustose miscele hanno attirato negli ultimi tempi l’attenzione di personaggi mica da poco: i due hanno infatti remixato pezzi per Lily Allen e Justin Timberlake e collaborato con le reginette M.I.A. e Santogold. Ottime credenziali, dunque, per un live che tuttavia si è rivelato pessimo: il loro è stato un set caciarone e quanto mai pacchiano, nel quale il classico suono Radioclit ha lasciato spazio ad una fastidiosa miscela di ritmi psuedo tribali su basi elettroniche più adatte al limitrofo Parco Rosati ““ pregiata meta per tutti gli amanti della Salsa di Roma Sud ““ che a un palcoscenico come Dissonanze. Stando ai racconti della signora Helmut, che li ha visti diverse volte da soli, parrebbe tuttavia che a nuocere al live sia stato, paradossalmente, il contributo di African Boy e Mo Laudi, dunque rimandiamo il giudizio sul duo a data destinarsi (cioè quando li ribeccheremo a suonare in giro).
Considerata questa fugace ma intensa delusione, decidiamo di perderci Buraka Som Sistema per scendere diretti nel Salone dei Culturisti, che stasera si apprestava a calare un poker d’assi coi controcoglioni: in ordine di apparazione Lindstrom, Laurent Garnier , A Critical Mass feat Ame, Dixon, Henrik Schwarz e, dulcis in fundo, Francois Kevorkian. Cominciamo con Lindstrom, da poco uscito con “‘II’, il nuovo disco più Cosmic che mai condiviso ancora una volta con Prins Thomas.

Forse per via della location poco adatta (un Salone della Cultura semideserto anche causa dell’orario sicuramente non favorevole), o forse la mancanza al suo fianco del fidato Prins, ma tant’è che la performance di Lindstrom è stata tutt’altro che memorabile, per usare un eufemismo.
Monocorde, piatta, senza sostanziali cambi di ritmo, la cosmic disco del producer svedese si è persa nell’immenso Salone senza lasciare tracce. I (pochi) presenti ondeggiano senza troppa passione e la Ifb Crew, alquanto passiva di fronte ad un esibizione sulla quale puntava molto, decide di concedersi una boccata d’aria ed una birra prima di riprendere la maratona elettronica.

Torniamo, allora, in Aula Magna, dove il “‘fenomeno’ Bat For Lashes ha lasciato il posto a Micachu, altra ragazza di cui si fa un gran parlare soprattutto dopo il recente passaggio sotto l’ala protettiva di Mister Matthew Herbert.
In compagnia dei sodali Shapes, Mica Levi mette in atto uno sghembo noise-rock in salsa low-fi, la solita scarna tripletta “‘chitarra-basso-batteria’ condita da cantato fanciullesco. Assistiamo al live per una quindicina di minuti sforzandoci di trovare in quel poco che ascoltiamo la genialità  tanto decantata dalle recensioni che hanno accompagnato il suo recente “Jewelry”. Salvo ritrovarci, poco dopo a sbadigliare sguaitamente e a filarcela dalla sala il prima possibile.

Tornati sul “‘palco principale’ troviamo Laurent Garnier nascosto dietro i suoi macchinari, tutto intento a dirige un gruppo di strumentisti (tromba, trombone, tastiere) pronto a seguire alla lettera ogni suo minimo cenno. Garnier si trasforma nel regista di un’orchestra cyborg capace di scuotere l’intero palazzo a colpi di dance dalle mille influenze.
La cassa dritta che sostiene le sinuosi geometrie jazz, i sali e scendi infuocati dell’ hammond che si infrangono su un mare di ritmi spezzati, un caleidoscopio di suoni che abbraccia techno, deep-house, acid jazz, drum & bass e allora poco importa se la platea in assetto Ibizenco non apprezza tali finezze: Laurent Garnier ci lascia a bocca aperta, dirigendo un live assolutamente imprevisto, per intensità  e soluzioni una dei migliori dell’intera edizione.

Dopo i fasti del francese, i fallimenti di A Critical Mass, il “‘supergruppo’ formato dagli Ame, da Dixon e da Henrik Schwarz. Dato che presi singolarmente tutti e tre spaccano di brutto, francamente ci saremmo aspettati molto, ma molto di più che una massiccia dose di (o)scure pulsioni minimal e arricciamenti house. Non un act scadente, ma piuttosto fiacco e piatto, quello si.

Distrutti dall’alcool, dalla serata precedente e dalla mesta visione della propria carta d’identità , gran parte della Ifb crew abbandona il Palazzo dei Congressi poco dopo l’inizio di quello che è stato IL Dj set di Dissonanze 9: monsieur Francois Kevorkian de Rodez, France. Siccome immagino che buona parte dei lettori di Ifb non abbia grande dimestichezza con certa club culture, spendiamo qualche parola di presentazione sul personaggio. Classe 1954, Francois si è trasferito a NYC ventunenne. Qui fa prima il percussionista di Kenny Carpenter al Galaxy 21, poi, grazie all’amicizia con il resident del club John “‘Jellybean’ Benitez, inizia a fare il Dj, mixando disco music, black, rock e dub. Da qui in poi è tutta un’ascesa verso l’olimpo della disco: dopo qualche remix, trova il jolly con quello di “Push in the Bush” per Musique, che vende un milione di copie. Il successo incredibile di quel pezzo lo porta a suonare in tutti i locali che faranno Storia: dallo Studio 54 al The Loft fino al Paradise Garage, dove diventerà  ardente discepolo di Larry Levan, vale a dire uno di quelli che coniarono il verbo House. Questo succedeva nei primi anni Ottanta. Il sottoscritto Helmut lo ascoltò la prima volta solo una decina di anni dopo, durante uno degli epici sabato sera al Red Zone di Perugia, al tempo autentico tempio della garage house, eleganti sonorità  a cui speravo il nostro fosse tutt’ora legato. Il suo incredibile set però smonta immediatamente ogni mia speranza: seppur ancora incline a trip molto deep, oggi il sound di Francois K. è tutta un’esplorazione della tradizione techno detroitiana, condotta sempre con lo stile, la classe e la forza di un fuoriclasse. Giù quindi con tribalismi cosmici, stop & go devastanti, bassi ipnotici: messe da parte le raffinatezze garage, Francois non ha dimenticato come si fa a spaccare un dancefloor e tutto, ma dico proprio tutto, il Salone della Cultura omaggerà  la sua perfomance ballando entusiasta ovunque. Numero 1.

I restanti membri della Crew seguono buona parte del suo live dalla balconata, location che avrà  però un protagonista diverso da Kevorkian: l’oscuro cavaliere del Jack Daniels. Come un novello Burial, sulla cui vita nulla è dato di sapere, il Nostro eroe smette i panni dello spettatore per riflettere sull’esistenza propria e di tutti i presenti, ai quali, non senza un acceso vigore, chiederà  insistentemente Come state messi a livello di libertà ?, per poi concludere, in modo amaro, che la vostra libertà  mi fa schifo!. Ponendo con ardore futurista queste domande cruciali a chiunque gli capitasse a tiro, siamo certi che il Cavaliere oscuro del Jack Daniels avrà  aperto gli occhi a molti dei presenti, per i quali, da stasera in poi, l’inafferrabile concetto di libertà  avrà  certamente un valore diverso.

Mentre il Salone dei Culturisti esplodeva grazie a Francois K. e mentre fioccava l’esistenzialismo spicciolo del Cavaliere, di tanto in tanto Vostri si concedevano una veloce sortita all’Aula Magna, che ci permetteva di assistere, almeno in parte, a 3 esibizioni: Peter Cristopherson, Salem, Actress.

Il primo ci ricorda molto Charlemagne Palestine, transitato proprio da queste parti un anno fa esatto. Grassoccio, vestito in modo improponibile, seduto immobile dietro un banchetto, l’ex componente di Throbbing Gristle e Coil non si limita a produrre glitch e drones con il suo laptop ma proietta alle sue spalle anche una specie di “‘filmino delle vacanze’. Spacciato come documentario, il video è un collage di immagini truculente filmate in Thailandia (sesso tra adolescenti, decapitazioni, parate militari, sette religiose)”…Insomma anche quest’anno Dissonanze ha proposto la sua dose di finte avanguardie più che mai fini a se stesse, con buona pace dei molti amanti della “‘stranezza’ a tutti i costi.
Penoso anche il “‘set’, se così si può definire, dei successivi Salem. I tre, fumatori di crack dichiarati, se ne stanno immobili sul palco mettendo in loop un ambient dal suono meccanico e industriale che fa da colonna sonora a immagini di degrado urbano. Anche in questo caso ci diamo alla fuga quasi subito. Più tardi verremo a sapere che durante la performance il trio è stato bersaglio di ripetuti fischi da parte di un pubblico evidentemente spazientito da tanta “‘noia audio-visiva’.
Anche l’ultimo live dell’Aula Magna non è stato propriamente “‘epocale’. A differenza dei precedenti, però, non per colpa del suo protagonista, Actress, autore di un bel disco uscito pochi mesi fa. Già  visibilmente incazzato per l’ora tarda – ben oltre le 3 ““ a cui è costretto a presentarsi sul palco e per la location assolutamente inadeguata alla sua techno ‘body movin’ (anche per lui come per Lindstrom il proscenio ideale sarebbe stato quello della Terrazza) , Actress parte nel peggiore dei modi, incappando quasi subito in una serie di problemi tecnici che avrebbero fatto innervosire pure il Mahatma Ghandi. Dopo che il suo laptop, vittima di alcuni bruschi “‘crash’ che rischiano di farci saltare i timpani, riprende a sputare suoni, l’incantesimo si è già  bello che rotto e, mestamente, anche stavolta i sottoscritti lasciano silenziosamente imbronciati la Sala per abbandonare, definitivamente, il Palazzo dei Congressi.

Durante il viaggio di ritorno, le considerazioni strettamente musicali su questa comunque ottima edizione del Festival (perchè abbandonare la scena Dubstep? Perchè questa disposizione di orari e palchi? Perchè non chiamare gente fresca di album come Fever Ray o The Field?) vengono spazzate via dalle parole del Cavaliere, che riportiamo fedelmente: Fattore divertimento, fattore musica, fattore libertà : tutti cercano i primi due; ma nessuno si interroga sul Fattore L. E allora sapete che vi dico? Che la vostra libertà  mi fa schifo.

Amen.

Link:

DISSONANZE su IndieForBunnies:

Foto della serata:
Foto 1 | Foto 2 |Foto 3 |Foto 4 |Foto 5 | Foto 6 | Foto 7 | Foto 8 | Foto 9 | Foto 10 | Foto 11 | Foto 12 | Foto 13 | Foto 14 | Foto 15 | Foto 16 | Foto 17 | Foto 18 | Foto 19 | Foto 20 | Foto 21 | Foto 22 | Foto 23 | Foto 24 | Foto 25 | Foto 26 | Foto 27 | Foto 28

Per le Foto Thanx to Sara D’Amora

Video della serata: