Che piaccia oppure no, i Màºm sono da almeno otto anni una realtà  imprescindibile in campo elettronico. Hanno dato alle stampe album fondamentali come “Yesterday Was Dramatic, Today is Ok” e “Finally We Are No One”, hanno definito un genere musicale fatto di placidi tappeto sonori, ritmiche spezzettate e ricomposte, un ampio uso di strumenti a fiato (e talvolta perfino di strumenti giocattolo) e tante altre belle cose, hanno girato il mondo in lungo e in largo e sono riusciti a fare apprezzare la loro meravigliosa proposta sonora alla critica e pure al grande pubblico.

Solo che molto spesso un suono del genere ““ talmente perfetto che ascoltandolo hai quasi paura di rovinarlo ““ ti porta a temerne (e pure parecchio) la dimensione live. Il rischio di rovinare tutto è dietro l’angolo, ed il fatto che da un paio di album a questa parte i Màºm abbiano reagito all’abbandono di due membri modificando la line up e scegliendo la dimensione big band di sette elementi aumenta ulteriormente questo rischio.
Ma, in fondo, è sempre bello correre rischi nella vita. La fortuna aiuta gli audaci e si va a sentirli al Bronson di Ravenna, incuranti dei dubbi e delle occasioni perse nel passato.
Sorpresa: nonostante siano vestiti malissimo i Màºm suonano da dio. Caldi e coinvolgenti, riescono perfino a far muovere e, perchè no, a far ballare la gente.

Magistrali intrecci vocali, arrangiamenti maestosi, un batterista a dir poco formidabile. Una grande band che tiene il palco dall’inizio alla fine del concerto, continui cambi di strumentazione, tanta ironia, una scaletta quasi del tutto incentrata sugli ultimi due dischi (quelli della svolta big band per intenderci, ed infatti i màºm hanno suonato una commovente versione di “If I Were a Fish”) che ti convince definitivamente del fatto che i Màºm hanno solo tratto vantaggio dall’abbandono delle due gemelline e dal conseguente cambio di dimensione sonora. Un solo bis che più che un bis è un ritorno al futuro: la celeberrima “Green Grass Of Tunnel”, che scatena ovazioni tra i presenti ed è pure meglio della versione originale presente su “Finally We Are No One”.

I Màºm hanno pienamente superato la prova live, dimostrando che spesso avere il coraggio di cambiare radicalmente la propria pelle alla lunga paga. Tra l’altro, questa è una lezione da cui dovrebbero trarre insegnamento anche tanti altri gruppi che suonano sostanzialmente le stesse cose da una vita e non cambiano mai, ma non tutti forse possiedono la capacità  di rimettersi continuamente in gioco che hanno dimostrato di possedere i Màºm.

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