Vedere Jay Darlington arrivare alla Royal Albert Hall pochi minuti dopo di me non basta. So perfettamente cosa succederà  stasera, ma non me ne rendo ancora completamente conto. Ho già  visto qualcosa di simile. Tre anni e mezzo fa. Ma questa volta è diverso. Un ragazzo che sta lavorando apre la porta di fianco al box office ed eccolo. Qualche accordo di chitarra e quella voce così familiare. Pochi secondi di soundcheck e quello che era un semplice nome stampato su una mail di conferma di acquisto inizia a prendere forma. Tutto diventa più vero che mai.

Una volta dentro, con un braccialetto troppo stretto al polso, siamo tutti dei bambini insofferenti in attesa di poter aprire i regali di Natale e dopo quella che oserei definire -forse esageratamente- un’eternità , si spengono le luci per la prima volta e, puntualissimo, alle otto e un quarto, sale sul palco Plan B, un Michael Bublè con qualche chilo in meno e senza swing, che a tratti ricorda The Streets, costretto a suonare davanti a una Royal Albert Hall ancora mezza vuota. Una performance innocua, senza infamia e senza lode, a cui nessuno, in realtà , presta grande attenzione. Mezz’ora dopo, a Roger Daltrey tocca una sorte migliore. Sale sul palco un po’ a tradimento, disorientando per un attimo un pubblico ben felice di vederlo e facendo un discorso sul Teenage Cancer Trust. Nobile causa, starei ad ascoltarti per ore, Roger, ma non stasera. Lascia che Noel venga a noi.

Il senso di sicurezza che dà  la camminata di quel nanetto con la testa grossa che va a sedersi su una sedia da ufficio posizionata al centro del palco e una standing ovation prima ancora che una singola nota sia suonata. Con lui, come tre anni fa, i soliti Gem (chitarra elettrica e tastiere) e Terry Kirkbride (percussioni), a cui si è aggiunto Jay Darlington (alle tastiere quando Gem è impegnato con la chitarra). Si inizia, senza dire una parola. L’atmosfera è elettrica, l’emozione è immensa. Le canzoni della vita, quelle ascoltate così tante volte, ma sempre come se fosse la prima. Credo siano ben pochi gli artisti che possano permettersi di iniziare un concerto con tre b-side riuscendo a far cantare tutti, proprio tutti. E non si smette di cantare nemmeno quando Noel interrompe bruscamente “Cast No Shadow” perchè non riesce a sentire la chitarra come dovrebbe. Una “Cast No Shadow” che ricomincia ed è da brividi, con il coro del Crouch End Festival che la rende ancora più speciale di quanto già  non sia. Ed è difficilissimo trattenere le lacrime, soprattutto quando sul palco salgono anche le Wired Strings, ottetto d’archi che si unisce al coro per una “Don’t Go Away” che mai avrei pensato di poter sentire nella mia vita. è tutto così maledettamente perfetto che non ci si crede, che non si riesce a dire una parola e a volte non si riesce nemmeno a cantare. Manca il fiato su “Sad Song”, suonata un po’ più veloce della versione studio, e manca ancora di più quando Noel dice this a very very old song e, tra tutte le very very old song che possano venirmi in mente, lui attacca con l’unica che mai mi sarei aspettata. Una “Rockin’ Chair” che… Dio mio.

“Rockin’ Chair”, non è vero che la sta suonando, non può essere. E invece è verissimo. Copiose lacrime. Come su “Slide Away”, con il pubblico che canta anche l’I don’t know, I don’t care, all I know is you can take me there come se fosse l’ultima cosa che facesse. “Slide Away”, il punto di non ritorno. Perchè se fino a quel momento il pubblico riesce ad alzarsi per applaudire solo alla fine di ogni canzone, con l’ultima nota di “Slide Away” nessuno ce la fa più: chi prende e va alla transenna, chi si mette in piedi sulle sedie per “Digsy’s Dinner”, altra piccola perla inaspettata, e per la “Whatever” più bella del mondo, più bella di quella di Wembley di quest’estate. Con gli archi, come sul cd singolo. E con il coro. Con Noel e Gem che alla fine lasciano il palco facendo finire il pezzo alle percussioni di Terry Kirkbride, alle Wired Strings, al coro e a un applauso interminabile che aumenta quando Noel torna sul palco per il bis. Le ultime tre gloriose canzoni: “The Masterplan”, “Married With Children” e “Don’t Look Back In Anger”. Qualcosa che è anche inutile cercare di descrivere.

Creare la serata perfetta con una semplice chitarra acustica e una manciata di canzoni che mai nessun altro riuscirà  a scrivere. Un’ora e quaranta minuti che nessuno ti può portare via. Uscire dalla Royal Albert Hall, camminare sotto la pioggia nella notte londinese ancora con gli occhi lucidi e ancora incapaci di proferire parola. Emozioni che non ti lasceranno mai più. Il concerto più bello di sempre. Senza alcun dubbio.

Setlist:
(IT’S GOOD) TO BE FREE
TALK TONIGHT
FADE AWAY
CAST NO SHADOW
HALF THE WORLD AWAY
DON’TO GO AWAY
THE IMPORTANCE OF BEING IDLE
LISTEN UP
SAD SONG
WONDERWALL
ROCKIN’ CHAIR
SLIDE AWAY
DIGSY’S DINNER
WHATEVER

THE MASTERPLAN
MARRIED WITH CHILDREN
DON’T LOOK BACK IN ANGER

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