A livello auditivo non mi è mai capitato di vivere un’esperienza simile. Essere letteralmente travolti dal suono, direi fagocitati, quasi annientati. Miliardi di volte ho letto di quanto fosse impressionante la potenza sonora che gli A Place To Bury Strangers da New York sono capaci di generare dal vivo, ma non mi aspettavo una cosa così estrema. Qualcosa che non potrebbe succedere neanche nel concerto della band più grindcore che possiate immaginare. L’ìmpatto è altamente differente rispetto a quanto può accadere durante l’esperienza di ascolto casalinga. Lo shoegaze corrosivo delle canzoni registrate in studio appare addirittura poca cosa al confronto con questi panzer di brani che la band ci ha offerto durante il concerto capitolino. Comunque sia, nonostante l’inaudita veemenza, non si può parlare di un orrendo spettacolo cacofonico. Piuttosto si potrebbe parlare della sublimazione definitiva del concetto di rumore. Insomma stiamo parlando dell’estremizzazione del discorso portato avanti da band come Sonic Youth o Velvet Underground o ancora meglio, per attinenza di genere, dai My Bloody Valentine.

La brutalità  sonica dei brani presentati è in parte mitigata dalla perversa e ‘primitiva’ eleganza della loro veste post-punk/darkwave, anche se melodie e riff sono fin troppo soffocate dalle distorsioni, così come lo è voce soporifera di Oliver Auckermann, noisy guitar hero che sevizia e tormenta la sua seicorde fino a ricreare il rumore di una tempesta di travi di acciaio caracollanti e di mostruosi treni spaziali che deragliano da binari astrali. Lo accompagna una sezione ritmica monolitica e ossessiva, rigida e ipnotica. Il gioco di luci del palco contribuisce ad aumentare quell’effetto stordente che subiremo fin dalla prima nota del concerto. Il suono ti entra dentro, si fa strada come un parassita”…diviene plasma, si impadronisce dei nervi, comprime gli organi interni, devasta i sensi”…riverberi su riverberi si accatastano senza soluzione di continuità , feedback rugginosi, sibili cosmici ed echi maligni si intrecciano fino a disorientare completamente il pubblico che a metà  concerto comincia ad agitarsi e a pogare. Loschi figuri ubriachi si perdono nella fangosa marea sonica che rilascia detriti sempre più taglienti e corposi e cominciano a spingere e ballare… Il folletto Auckermann afferra il cavo dell’amplificazione e comincia a far roteare l’indistruttibile chitarra che prende ad emettere inauditi singhiozzi infernali. Se adesso qualcuno mi urlasse nell’orecchio io udirei solamente un vago sussurro.

Stasera il suono non è stato solo “‘suono’ “…si è trasformato in qualcosa di tangibile, qualcosa di quasi tridimensionale, una monumentale, spaventosa muraglia di rumore annichilente veicolato da una wave oscura e catramosa. Se il silenzio corrisponde ad un grado 0, gli A Place To Bury Strangers sono il grado 100.

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Photo Credit: iZilla at flickR from Berlin, Germany, CC0, via Wikimedia Commons