Mi sento in colpa. Questo disco gira nel mio lettore da qualche tempo, si ostina a girovagare tra la scrivania e la mensolona in soggiorno, tra il tavolino della cucina e quello tondo dei pranzi ufficiali, in attesa del mio coraggio per affrontarlo. Attorno ai Gang, alla loro musica, alle loro canzoni e soprattutto stretti alle loro parole sono legati tanti ricordi.

A partire dalla metà  degli anni 80, con il piacere e lo stupore di scoprire un gruppo italiano che scimmiottava, nel senso più buono possibile del termine, gli amati Clash, con la stessa passione e un simile messaggio. Era un vinile con la copertina rossa e nera, un disegno underground in copertina e suoni barricadieri tra i solchi, che seguivano come meglio potevano, acerbi ma sinceri, le suggestioni di “London Calling” e “Sandinista”. Su tutte, una “Libre El Salvador”, riproposta ancora oggi nei concerti e allora la mia preferita.
I fratelli Severini hanno accompagnato, con il loro percorso musicale, molti anni della mia vita, la ribellione adolescenziale, l’impegno e la denuncia civile in seguito, intrecciati con la speranza per un cambiamento, disattesa e scivolata in un riflusso nel privato, sempre consapevole e attento.

I passi più significativi li hanno fatti agli inizi degli anni 90, con due dischi che andrebbero imparati a memoria, “Le Radici” e “Le Ali” e il successivo “Storie d’Italia”. Ora, da qualche anno, l’ultimo percorso li vede declinare il costante impegno con suoni intimi e lontani da suggestioni moderne, ripiegati su un folk rurale asciutto ed essenziale. Sempre in viaggio, attraverso ricerche sonore diverse e lontane tra loro, contraddistinte dalla passione e dall’impegno costante che vive nei loro testi.
L’anno scorso, in compagnia del giornalista Daniele Biacchessi e prendendo spunto da un suo libro, hanno iniziato a proporre e raccontare le loro storie con uno spettacolo, trasposto in questi due cd, e proposto dove possibile attraverso la nostra povera patria. Storie tristi, vergognose e vere, purtroppo, delle quali essere poco fieri, ma che hanno bisogno di qualcuno che le racconti e che ne trasmetta assolutamente la memoria. Episodi che tracciano un filo di denuncia dalla Resistenza alla lotta armata, dalle stragi di stato a quelle di mafia, con un pizzico di retorica a volte, ma giustificata dall’orrore di quanto accaduto, dallo sdegno che non può non nascere.

Le voci si alternano, Daniele parla e racconta in solitudine e silenzio, Marino e Sandro intrecciano le parole cantate con suoni che escono ora disperati dalle corde amplificate delle due chitarre, ora dolci accarezzando con arpeggi di acustica intensità  le vicende raccontate. Non c’è altro, perchè al centro delle 19 tracce proposte ci sono volutamente le parole attraverso le quali vengono fatti vivere centinaia di persone che non devono essere dimenticate.
Non un disco semplice e molto laterale alla musica come la trovate in queste colonne, ma necessario, ora più che mai, ora come sempre. E ricordate, the future is unwritten.

Il Paese Della Vergogna
[ Latlantide – 2009 ]
Similar Artist: Joe Strummer (nello spirito), Billy Bragg e Massimo Bubola (nei suoni)
Rating:
CD1
1. Lo Avrai Camerata Kesserling
2. 4 Maggio 1944
3. Sant’ Anna Di Stazzema
4. La Pianura Dei 7 Fratelli
5. Marzabotto
6. Dante Di Nanni
7. L’Armadio Della Vergogna
8. Eurialo E Niso
9. Ti Ricordi Il 1969
10. Sesto San Giovanni
11. Piazza Fontana
12. Perchè Fausto E Iaio
13. Firenze Via Dei Gergofili
14. Ricordo D’Autunno
15. Quel Giorno A Cinisi
16. Capaci E Via D’Amelio
17. Via Italia
18. Le Radici E Le Ali