Where shall we go,
on a big black night
Shall we take the coast road
Back thru our life?

Romantico, intimo, riflessivo, disperatamente immerso nel passato e nei ricordi: questo concept sulla notte, sul silenzio e sulla luce del cielo e tutti i sogni e i desideri che porta è forse l’unico album che quest’estate vi farà  venire improvvisamente voglia di autunno e malinconia.

Il quinto album in studio degli I Am Kloot si intitola “Sky At Night” e, tanto per levarci il dente subito, sfiora il capolavoro. La produzione segue di tre anni esatti la pubblicazione di “I Am Kloot Play Moolah Rouge”. Manchester è sempre un fermento di idee, di ispirazione, frustrazioni e rabbia che sfociano in poesia o in notti passate tra alcohol e sogni infranti. Stavolta però scordatevi le chitarre elettriche e le sovraincisioni in primo piano, niente wall of sound, niente voci che raschiano e casse al limite del collasso, niente ritmi che si avvicinano alla musica da discoteca.

Stavolta sul fondo di una bottiglia di brandy ci troviamo violini, una voce disperata che è al limite del pianto e del ‘lasciar perdere’. Ampio respiro per tutto, melodie celestiali e l’odore delle ore più buie di una giornata buttate dentro un pezzo di plastica chiamato disco. Proprio lì su quel limite sottile tra il cuore che soffre e un sogno che non si realizzerà  forse mai gioca una produzione fenomenale. E siccome tra amici e concittadini ci si dovrebbe sempre dare una mano ecco che il buon Guy Garvey degli Elbow non si dimentica mai degli amici e prende in mano le redini dell’intera idea. Garvey decide di elevare la musica degli I Am Kloot a quella ristretta schiera di persone capaci di andare dove pochi possono.

Ciò che ne esce sono dieci tracce blues dove “Lately” cita “Georgia On My Mind” nel migliore dei modi, dove “I Still Do” con la sola vibrazione di un paio di corde di chitarra arpeggiate e la stupenda voce di John Bramwell riesce ad evocare ricordi d’infanzia, azioni che si ripetono anche quando gli anni passano.

When I was a child I had that look In my eye”…make distruction my life”…I still do”…
When I was a boy I looked out to the sea, thought I saw you and me, in the waves, on the breeze”…I still do”…I still do..

“Proof”, il singolo scelto, già  in circolazione da mesi (e qui arrangiato in maniera più acustica e intima) è la classica canzone che la ascolti una volta e si è già  stampata sul retro della tua mente e ti fa dire ‘Ok lo prendo a scatola chiusa’. Non rimpiangi niente perchè la maledizione nera di certe parole e certe atmosfere ripaga ogni centesimo: “The Moon Is A Blind Eye” ha già  nel titolo tutta una tristezza e una solitudine che solo chi ha davvero sofferto può portare a galla e magari alleggerire le anime di chi ascolta, che improvvisamente non si trovano più sole. “It’s Just The Night” è semplicemente tutto quello che una persona vorrebbe ascoltare al tramonto. Da solo.

Questa è la magia della musica, questo è un coro fatto di strumenti a fiato, violoncelli, chitarre e disperazione. Nero e distante, imprendibile eppure così vicino questo è il disco che forse stavate aspettando ogni maledetto inverno.

Con gli Oasis ormai fuori dai giochi e i Doves arrivati al capolinea (seppur brillantemente) Manchester ormai è sinonimo di buona musica sotto il nome di Elbow e I Am Kloot e se questo disco non sarà  globalmente riconosciuto come un capolavoro di musica pop allora c’è davvero qualcosa che non va in questo mondo.