Mi piace quando un artista o una band compiono delle scelte, siano esse giuste o sbagliate. Mi piace l’idea che qualcuno in musica non si limiti a camminare sospeso sul ciglio di un precipizio intimorito di quello che c’è sotto, che scelga quini da che parte stare: sulla sicura terra o nell’ignoto vuoto. E’ il caso degli Stars dopo un disco epico come “Set Yourself On Fire”, uno dei migliori degli anni zero, un’eredità  troppo grande da sostenere anche per la band stessa. Ben vengano i cambiamenti, anche se a rimetterci sono stati i suoni scinitillanti delle chitarre, in favore di sintetizzatori figli degli anni ’80. Un percorso già  intravisto nel precedente “In Our Beedroom After The War” che qui si porta a definitivo compimento.

“The Five Ghosts” non piacerà  ai puristi delle sei corde e probabilmente dividerà  il pubblico della band stessa, ma dimostra un gran coraggio anche dove pecca. Partendo dalle note dolenti, “We Don’t Want Your Body” è un imbarazzante copia e incolla del pop mainstream più becero degli anni ’80; poco importa che sia evidente l’intento divertito di riproporre un brano così stucchevolmente zuccheroso e citazionista. A parte questo svarione, che a molti nemmeno sembrerà  tale, il disco regge bene dall’inizio alla fine, grazie all’alternarsi delle due voci, sempre capaci di rendere più profondo e toccante anche i momenti più frivoli. Le atmosfere ondeggiano tra melodie a facile presa ed episodi più figli della wave di quegli anni, privi comletamente dell’austerità  tipica di quei suoni.

Superati gli impacci dei primi passaggi nel lettore un po’ spiazzanti, se ascoltate i dischi privi di pregiudizi di sorta, “The Five Ghost” ha tutte le carte in regola per conquistarsi un posto di assoluto rispetto nelle vostre playlist estive. Adesso tocca a voi scegliere da che parte stare.