E’ proprio il caso di dire che ha imbroccato ‘l’onda giusta’.
Nathan Williams è il nome dietro al quale si cela il gruppo più chiacchierato dell’estate-indie-alternativa: i Wavves. Erede delle sonorità  sgangherate e noise di Sonic Youth, Hà¼sker D༠e Pavement, questo one man band da San Diego si trova oggi a pubblicare il suo terzo disco, “King Of The Beach”, ribadendo che lo shitgaze esiste, e lui ne è sulla cresta dell’onda.
Dopo il riconoscimento del grande pubblico ottenuto tramite il secondo album, “Wavvves”, il nuovo lavoro lo consacra reginetto del punk-surf: l’ex nerd californiano ha mantenuto le nuove tracce in linea con le precedenti, ma ha ripulito il suono da quelle che potevano (erroneamente) sembrare imperfezioni da demo registrato in casa, creando distorsioni imbellettate e rendendo mainstream il lo-fi.
Il tutto viene poi condito da un alone garage-60’s curato da Dennis Herring (già  produttore di Modest Mouse e Mutemath).

La titletrack “King Of The Beach” apre il disco e si conferma un singolo riempipista all’insegna del garage-rock e “Super Soaker” non è da meno, con un aggiunta di un po’ di psichedelica acida.
Mettete le chitarre distorte dei Jesus & Mary Chain (“When Will You Come?”) che suonano del pop alla Beach Boys (“Mickey Mouse” con riff che è quasi una citazione dei Crystals), rifinito dalle sapienti mani degli Animal Collective (“Baseball Cards”), condito con un po’ di punk demenziale alla Green Day (“Post Acid”, “Take On The World”), rallegrato da qualche coro degli Architecture in Helsinki /” Convertible Balloon”) ed ecco il disco degli Wavves pronto per essere trasmesso dalle frequenze delle radio collegiali americane l’ultimo giorno di scuola.

Quel che stupisce di Nathan è che riesce ad amalgamare sonorità  apparentemente lontane e a creare un suono fottutissimamente cool, quasi per caso, merito di ottime intuizioni o di composizioni casuali del post-sbornia.
Tutto per dirci che la vita è una sola e dato che lì fuori niente va come vorresti, allora tanto vale divertirsi. Che il domani ci fa un baffo.

Credit Foto: Catherine Roif