LINE UP ““ 13/10/2010:
MAIN STAGE “LE FORT DE SAINT-PERE”: DUM DUM GIRLS, OWEN PALLETT, THE BLACK ANGELS, CARIBOU, LIARS, YANN TIERSEN
STAGE “THE BEACH”: LITTLE RED LAUTER
CLUB “L’ESCALIER”: ROUND TABLE KNIGHTS

INTRO & INFO

Non so esattamente cosa mi spinga ogni anno a macinare così tanti chilometri per raggiungere questa piccola città  in alto, in alto al nord della Francia.
Ma di ragioni ce ne sono, e molte. Prima fra tutte, il programma, che ogni anno sembra essere fatto apposta per me, con nomi che solo a leggerli mi si scioglie il cuore, con quei gruppi un po’ hype di cui si è sentito parlare di qua e di là  per tutto l’anno e infine con band mai sentite.
La seconda ragione è che il festival è vivibilissimo. Credo che in un festival appena più grande verrei dilaniata dalla difficile scelta tra due palchi. Qui il palco è uno solo, o meglio, il palco principale è uno solo.

Ci sono poi altre ragioni che aiutano a sopportare almeno quattordici ore di treno. Il clima bretone, ad esempio, che anche a ferragosto si aggira intorno ai quindici gradi e ti permette di non cuocerti sotto il palco.
Ecco, questa è la prima indicazione da tener ben presente: qui fa freddo, freddissimo. Non sentitevi in imbarazzo a infilare nello zaino sciarpe e maglioni di lana, scarponi e giacche a vento. Ma questa non è una ragione per scoraggiarsi come potrebbe invece essere il difficile collegamento di Saint-Malò con il resto del mondo. Come prima tappa dovete prendere in considerazione Parigi o, meglio ancora, Rennes. Esistono anche voli Rayanair per Nantes. Una volta raggiunta questa prima tappa a piacere non vi resta che proseguire con il treno, che vi porterà  direttamente a Saint-Malò. Una volta giunti qui, la fatica e la noia di un viaggio lunghissimo verranno abbondantemente ripagate.

Il festival si svolge sempre per tre giorni a metà  di agosto e durante questi giorni la città  e i vari palchi si collegano fra di loro tramite un sovraffollato, ma tutto sommato efficiente, sistema di navette.
La location principale è il Forte di St. Pere, a venti minuti da Saint-Malò. Ogni anno esistono poi altri palchi i cui principali sono quello sulla spiaggia e quello all’interno del Palazzo dei Congressi.
Un biglietto per tre giorni vi costerà  80 euro (appena un paio di euro in meno se comprato in anticipo) e vi permetterà  di godervi tutti i concerti all’interno del forte. Per gli altri concerti è spesso previsto un biglietto giornaliero di circa 20 euro, ma quantità  e qualità  di questi ultimi variano di anno in anno, quindi vi consigliamo di dare un’occhiata al sito.
Per il pernottamento non avrete nulla di che preoccuparvi: per i partecipanti al festival è disponibile un campeggio proprio a pochi passi dal Forte, già  compreso nel prezzo del biglietto. I bagni e le docce sono anche loro un po’ sovraffollati ma è ben poca cosa. Unica raccomandazione: se volete dormire piantate la vostra tenda lontano dalla stradina principale. Spesso, infatti, il campeggio viene occupato da giovincelli inglesi provenienti dalla piccola isoletta di Jersey. Essi hanno ben poco interesse per il festival e la loro principale occupazione è bere birra e ascoltare le Those Dancing Days per tutta la notte (true story).

Sappiate inoltre che la navetta si ferma anche nel gigantesco supermercato Cora, dove troverete tutto il necessario per mangiare e sbronzarvi, il quale, peraltro, si trova assai vicino ad un Decathlon (per cui se la vostra tenda è bucata, senza picchetti o avete dimenticato impermeabile e stivali di gomma, siete salvi!).

LA ROUTE DU ROCK 2010 ““ DAY ONE

Per noi l’arrivo è un po’ burrascoso: tra montaggio tenda, spesa e attesa di navette varie ci perdiamo le Dum Dum Girls, che comunque non vengono rimpiante visti i succulenti nomi in programma per la prima serata. Owen Pallett ha “l’onore” di aprirci il festival. è assai grazioso e tenero, vestito di roseo/violaceo e con un enorme berretto di lana, e il suo concerto non ha niente fuori posto, ma viene un po’ penalizzato dalla banale e noiosa luce pomeridiana e da un palco troppo grande per una musica che meriterebbe un’atmosfera più raccolta. Per finire, però, ci regala una cover di “Odessa”, anticipando l’esibizione di Caribou, che andrà  invece a chiudere la serata.

A seguire è subito l’headliner della serata, nonchè uno dei pochi artisti a giocare in casa. Yann Tiersen è conosciuto ai più come l’autore di colonne sonore di film (come il “Favoloso mondo di Amelie” o “Goodbye Lenin!”), ma è anche un musicista eclettico ed aperto a sperimentazioni e collaborazioni.
Qui a Saint-Malò presenta il nuovo disco, “Dust Lane”, e lo fa accompagnandosi da una ventina di musicisti, per quello che, all’interno del suo tour, è un evento davvero speciale. Grazie alla loro presenza il suo piglio polistrumentista (che mi ricorda vagamente Andrew Bird) si combina con soluzioni più orchestrali che mi riportano alla mente gruppi come Arcade Fire o Efterklang. Le mie aspettative erano completamente diverse: lo consideravo quasi un nome mainstrem e mi aspettavo molti pezzi tratti dalle suddette colonne sonore. Invece non ha accennato neanche lontanamente ad una melodia conosciuta e si è presentato con un lavoro completamente nuovo, dimostrando di essere un musicista davvero dotato.

Il contrasto con il gruppo seguente non poteva essere più evidente. I Black Angels ci trascinano per un’ora buona in un mondo psichedelico. A spiccare e a stupirci è soprattutto la voce del cantante: altissima, a sovrastare ma anche a sposarsi bene con l’oscurità  della loro musica. Quello che ci fanno venire in mente, nonostante la chiarezza delle loro intenzioni e la non troppa varietà  dei brani, è una serie di influenze ampia. A tratti ci ricordano la fricchettonaggine dei Fleet Floxes e poi, specialmente verso la fine, quando propongono un pezzo dal nuovo album, aggiungono alla loro cupezza un non so che di danzereccio, vagamente alla Interpol.

Dopo di loro, i Liars ci regalano il concerto più potente di tutto il festival. Per me appartengono a quella categoria di band che vale quasi solamente la pena ascoltare dal vivo e dopo un concerto così rimango totalmente fedele alla mia idea. Il cantante del gruppo è parte principale dello show, canta e si dimena come pochi front-man in circolazione, ma non è mai eccessivo: la musica dei Liars lo richiede. è cupa e lenta per poi esplodere feroce e Angus Andrew sembra proprio così.
Alla fine il solo a deludere le un po’ le (alte) aspettative è Caribou. Si presenta sul palco con strumenti ‘usuali’ (batteria, basso, chitarra) ma poi abusa un po’ troppo di ritmi serrati e monotoni, e tutta la gamma di suoni che potrebbe essere prodotta con quegli strumenti esce invece da qualche bottoncino. Alla fine, duole ammettere che era meglio l'”Odessa” di Owen Pallett.

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