C’è un leader silenzioso, un uomo divertito dal suo status di “‘pezzo di culto’, di espansione tangibile di un genere, il desert rock, che ingoia cloni e copie in grande stile oggi come forse mai prima. Brant Bjork sorride di gusto del suo passato e si presuppone che lo faccia con rispetto e benevolenza. Non bastasse aver creato i santissimi Kyuss, nella sua vita ha trovato tempo per produrre il primo album dei Fu Manchu e farne il batterista sui 5 dischi seguenti, dare vita ai sottovalutati Mondo Generator e intraprendere una carriera solista coi Brant Bjork and The Bros – oggi Brant Bjork e basta.
Il rock di “Gods & Goddesses” è ovviamente senza compromessi, privo di quelle imbellettate che farciscono i pur ottimi sottogeneri derivati dallo stoner: varianti impazzite del drone, dello shoegaze, del punk e financo dello sludge.

Non si venga a parlare di progressione o studio quando al centro della discussione è lo stile degli album solisti di Brant Bjork perchè si rischia di rimanere giustamente delusi.
Il blues dei Kyuss (così come quello dei suoi derivati Unida e Queens Of The Stone Age) scorre copioso tra le righe di un’allegoria di suoni bassi e grossi come un funk sottinteso, una cenere bollente sopra cui si muove, con infinita grazia, una vibrazione dai contorni sfocati da una psichedelia asciutta ma costante, presente, viva.
La produzione di Ethan Allen (Tricky, Gram Rabbit, Luscious Jackson e The 88) poco aggiunge al rombo beffardo della chitarra di Brandon Henderson o alla profondità  della batteria dell’italianissimo Giampaolo Farnedi limitandosi, come è giusto che sia, a limare e tenere insieme un album che, va detto, ha delle dinamiche basilari, quasi pop, entro le quali far muovere arrangiamenti semplici, diretti e poco inclini a barocchismi.

Vengono alla mente i magnifici Yawning Man di Billy Cordell (qui al basso) e le meccaniche spaziali dei Monster Magnet, le visioni dei Farflung e l’attitudine semi-punk degli Hermano o il senso della melodia dei Truckfighters. Ma poi ci si rende conto che se quel giorno di fine anni ’80 a Palm Desert, Brant e un gruppo di amici fossero andati al cinema anzichè sudare in sala prove, oggi non staremmo parlando dei gruppi appena citati ma continueremmo a cercare il deserto nella psichedelia. Ed è quasi sicuro che ad offrircela tra nuvole e sogni non sarebbe di certo la musica.