LINE UP ““ 07/08/2010:
SOUTH STAGE: REBELUTION, BLUES TRAVELER, GOGOL BORDELLO, SOCIAL DISTORTION, GREEN DAY
BUDWEISER STAGE: THE SOFT PACK, STARS, GRIZZLY BEAR, SPOON, PHOENIX
PLAYSTATION STAGE:The KISSAWAY TRAIL, WILD BEASTS, THE XX, METRIC, CUT COPY
ADIDAS STAGE: MIMICKING BIRDS, ROGUE WAVE, AFI, SLIGHTLY STOOPID
THE GROVE: THE MORNING BENDERS, HARLEM, WARPAINT, DAWES, DEER TICK, EDWARD SHARPE AND THE MAGNETIC ZEROS
PERRY’S STAGE: LANCE HERBSTRONG, ONLY CHILDREN, VONNEGUTT, FREESOL, BEATS ANTIQUE, WOLFGANG GARTNER, STEVE PORTER, JOACHIM GARRAUD, PERRYETTY VS. CHRIS COX, KASKADE, RUSKO, DJ MEL, EMPIRE OF THE SUN
BMI STAGE: MYNAMEISJOHNMICHAEL, SKYBOX, DRAGONETTE, DAN BLACK, ROYAL BANGS
KIDZAPALOOZA STAGE: TIM AND THE SPACES CADETS, THE CANDY BAND, ROCKNOCEROS, THE VERVE PIPE, THE HAPPINESS CLUB, DAN ZANES AND THE CHICAGO YOUTH SYMPHONY ORCHESTRA, JP. CHRISSIE & THE FAIRGROUND BOYS

Il primo set di rilievo del giorno successivo è quello dei Wild Beasts, seguono gli XX che hanno fatto inaspettatamente il pieno, quasi più degli Stars (sarà  l’essere tanti sul palco a dare l’illusione che una band sappia fare effettivamente musica ma in questo caso è cosi, malgrado gli ultimi singoli dei canadesi in questione non siano proprio esaltanti) e da cui si si aspettava qualcosa di più, che non è l’età , ma sono i pezzi, freddi, celebrali, poco da festival.

Il rimpianto del giorno è non aver seguito i Grizzly Bear, che il chiacchiericcio del festival conferma essersi difesi benissimo, mentre i Gogol Bordello, che da noi avrebbero fatto la gioia del popolo scalcinato della taranta, non sono stati filati quasi da nessuno (e a ragione). Si profila all’orizzonte il raduno old school dei Social Distorsion, con il pubblico che è un eterogeneo mix di punk californiani convertiti alla mezz’età  e minorenni fieri delle loro borchie a pelle indifferenti alle temperature da altiforno. Live molto americano, ovviamente, che si chiude su una celebre cover di “Ring Of Fire” di Johnny Cash.

Quello che accade la sera è di nuovo complesso. I Phoenix (aprono con “Lisztomania” e chiudono con “1901”), applauditissimi, richiamano folle ingenti malgrado la concorrenza da stadio dei Green Day. L’età  media del pubblico modaiolo è decisamente bassa, e francamente non ci aspettava che i francesi fossero così popolari oltreoceano (dicono che sia stato l’ottimo “Wolfgang Amadeus Phoenix” a fare da lasciapassare, dopo il dovuto passaggio da David Letterman).

I Green Day, invece, non hanno niente più da dire. Il loro adult oriented rock ormai non seduce nessuno e sarebbe di cattivo gusto solo a parlarne. Però c’è una generazione che è cresciuta anche grazie al loro esordio, ci sono i fan di “Dookie” lì fuori, e quando suonano “Welcome To Paradise”, “When I Come Around” e “Good Riddance” sul finale non c’è nulla che si possa dire, nessuna difesa da opporre. Sarà  popolare e plebeo, ma quella cosa commuove. Sentirsi dire che si spera di aver vissuto il tempo della propria vita in mezzo a tutta quella gente, innesca reazioni pericolose.

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