Quanti fans dei Ramones esistono ancora? Certe volte ci si stupisce ancora che una band del genere abbia significato tanto per la storia di un genere in realtà  morto poco dopo la sua nascita, che si è dato da solo l’estremo saluto rifugiandosi in clichè che alla lunga avrebbero stancato anche i sostenitori più accaniti. Però i mostri sacri del genere, quelli che hanno contribuito a plasmarlo e a renderlo alla portata di tutti, non solo con la musica ma anche con atteggiamenti che sarebbero diventati simbolici per intere generazioni di giovani, non sono anche morti e chi detiene i diritti delle canzoni fa del suo meglio per accaparrarsene i meriti. E poi diciamoci la verità , i primi dischi erano spettacolari.

In realtà  Marky Ramone, entrato tardivamente nella formazione americana, dopo l’addio di Tommy (1978) non ne sta certo facendo una questione economica, anche se non ci è dato di saperlo. Potrebbe anche essere così ma la verità  è che, con un nugolo di musicisti provenienti dal panorama punk e rock d’oltreoceano, è riuscito a costruire l’unica affidabile cover band dei Ramones che si fregia di avere nella sua lineup qualcuno che ci ha davvero suonato per decenni. E non è poco. Aggiungiamoci che Mark Steven Bell, cinquantaquattro anni, picchia ancora duro sulla sua batteria e ribattezzato il suo progetto di “revival” Marky Ramone Blitzkrieg, sta da qualche anno girando il mondo per riportare in vita memorabili successi (ed alcune sorprese) di una delle band più celebri di sempre. Questa volta ad accogliere le sue richieste di cachet ci pensa il Teatro Miela di Trieste, una delle poche realtà  gestite da qualcuno che capisce qualcosa di musica nel capoluogo giuliano, a quanto pare. L’associazione Trieste Is Rock porta così un pezzo di storia del punk in questo piccolo teatro, trasformato in live club semplicemente togliendo i posti a sedere, che si fregia inverosimilmente di un’acustica piuttosto buona, che nulla teme nei confronti di locali ben più grossi (vedasi Estragon di Bologna o New Age di Roncade). E nonostante il prezzo si fa sold-out.

In scaletta trentacinque brani provenienti dall’intera discografia dei Ramones ed il pogo è incessante, sfrenato, confusionario. Non una parola dal palco, a parte i saluti velocissimi di Marky, ma semplicemente uno spettacolo che si preoccupa solamente di tributare alla band del Queens come meglio può, cioè con le distorsioni a mille e un atteggiamento on stage che ricorda da vicino i live del loro periodo d’oro. Non mancano in scaletta brani storici invocati a gran voce dai presenti, come “Blitzkrieg Bop”, “Pet Sematary”, “I Wanna Be Sedated” e “Sheena Is A Punk Rocker”. Citare tutte le canzoni suonate sarebbe un’impresa titanica, quindi ci limiteremo a dire che la serata è andata per il meglio, con quasi 1 ora e 30 di puro punk vecchio stile, senza sbavature, apprezzato dal pubblico proprio per la sua veste di concerto diretto, grezzo, volutamente ignorante. Certo, suona strano vedere canzoni di per sè composte con zero tecnica reinterpretate da persone che invece le sanno suonare molto bene (e Marky nonostante l’età  è pure migliorato), ma l’atmosfera svolge quel ruolo di catalizzatore che serve a mandare in visibilio i presenti. E soprattutto per superare la barriera delle “canzoni-tutte-uguali”, pregio e difetto dell’intero filone punk da quando è nato, ma che vengono riconosciute dai fans che invece le cantano senza problemi. Peccato non essere uno di loro, ma basta poco per apprezzare lo show.

Assolutamente una bella serata, ma solo per aficionados.

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