I primi anni del 2000 non ci hanno regalato grossi scossoni o travolgenti novità  nel campo della musica ‘leggera’, tra queste di sicuro il proliferare di solisti, a volte geni sfolgoranti, più spesso piccoli artigiani dalle idee sorprendenti.

In questo secondo filone va di certo annoverato il trentenne Shugo Tokumaru, giapponese di stanza a Tokyo che con “Port Entropy” ci mostra una declinazione del tutto personale del verbo pop. Cresciuto con le note di Clash (chi potrebbe dirlo?) e Beach Boys (questi sì) il giovane Tokumaru si fa le ossa nella band formata dai suoi amici di infanzia Gellers, il debutto solista risale al 2003 e “Port Entropy” è già  il suo quinto album in studio. Si fa per dire perchè oltre a suonare circa un centinaio di strumenti, alcuni davvero strani, oltre a giocattoli e diavolerie assortite (ma la stoffa è del pianista e si sente dalla stratificazione del suono) Shugo registra e missa i suoi lavori direttamente in casa con un computer e l’immancabile “Pro Tools” partendo da melodie che si formano nella sua mente e da liriche figlie dei sogni notturni fedelmente appuntati su di un quaderno che Tokumaru tiene sul comodino.

Non è dato sapere cosa sogni questo ragazzo perchè le liriche sono esclusivamente in giapponese, non fatevi ingannare dai titoli in inglese ma di certo nella sua mente ci sono tanti colori e tutti vivaci, uccellini cinguettanti, persone gentili e sorridenti e una primavera continua che scalda questo inizio di inverno europeo. Non a caso il disco è uscito in patria il 21 aprile scorso. A partire dall’introduttiva “Platform” sino all conclusiva “Malerina”, passando per “Tracking Elevator”, “Lahaha”, “Rum Hee” (usata nello spot di Sony Vaio) e “Drive-Trhu”, le migliori del lotto, l’ascoltatore viene trascinato gentilmente nel fantastico mondo di Shugo, un mondo nel quale non tramonta mai il sole e dove è bello trascorrere un’abbondante mezz’ora in cui la mente vola e il cuore si scalda. Poi tutti giù per terra, si torni al grigiore di questi giorni, di nuovo traffico, scontrosità  e arrabbiature così tanto occidentali, perchè di zucchero si può morire ma è bello sapere che sullo scaffale dei dischi o nella memoria dell’iPod esiste un “Port Entropy” nel quale attraccare.