Bhè non c’è molto da dire su “Celeste”.
è il secondo album della band di Nottingham.
Ed è meraviglioso.
Meraviglioso come può essere il primo figlio, la promozione alla maturità , la vittoria nel Derby o le inezie che hanno il vezzo di essere perfette in ogni loro dimensione.
Da qualsiasi parte le si guardi.
Ovunque le si tocchi.

Non c’è esitazione e non esiste nessun punto di autoindulgenza, di cattivo gusto o di semplice scarabocchiatura.
“Celeste” è un disco solido, maturo, ottimamente suonato ed ispirato.
Ancorato a piene mani nell’immaginario che tutti avremmo voluto condividere, ovvero quella miscellanea floreale e avantretrò di Swingin’ London incontra la West Coast che strizza l’occhio alla Pop Art.
Insomma nulla!!!!
Eppure i 4 Soundcarriers snocciolano la materia in maniera eccelsa e del tutto personale, carpendo da Stereolab e Broadcast, come da Jefferson Airplane e Velvet Underground tra gli altri senza ricalcarne mai le orme pedissequamente.

La parola d’ordine è dunque ‘stile’ ed in “Celeste” non trovi altro.
Bello dirlo.
Bello constatarlo.
Soprattutto quando ognuna delle 12 canzoni (13 se si include una pseudo ghost track in scia a “Celeste”) vive di vita propria, di pulsioni carnali genuine, costruendo paesaggi luminosi e spiegazzati come nelle vecchie Polaroid di famiglia.
Senso di calore che si trasforma in un abbraccio e, come si sa, chi riesce a costruire un’Atmosfera circondato dalla grettezza generale possiede un Carisma di natura superiore.
Punto.

Il resto lo puoi lasciare sussurrare alla Musica, troppo spesso ostacolata nella sua Missione dai fiumi di parole, dai troppi concetti arzigogolati che la stritolano senza soluzione di riscatto.
Davvero.
Ascoltati ogni singolo minuto di questo fantastico puzzle in bilico tra psichedelia sognante ed easy leastening pregiata, magari a luci basse sull’imbrunire, magari al sicuro tra le quattro mura di casa prima del solito weekend e capirai Tutto.
Che non ci sono i gradini di una scala tra “Last Broadcast” e “Broken Sleep”, che vi è la medesima dolcezza di fondo scorrendo “There Only Once” subito prima di “Signals” e che “Step Outside” vive benissimo sotto lo stesso tetto di “Rise And Fall” senza ruggini o gelosie.
Hai in mano brandelli di Magia dove la semplicità  è tutto. Non vanificarli chiedendoti inutili perchè.
Comprare e basta!!!