La sempre spassosa blogzine Hipster Runoff aveva preso una posizione precisa riguardo a “Zonoscope” nuovo disco degli australiani Cut Copy dopo il sorprendente “In Ghost Colours” del 2007: “Zonoscope” porterà  con sè il suono del 2011. Lo aveva deciso già  a luglio quando uscì, prima anticipazione, l’mp3 di “Where I’m Going”. Il tutto, ovviamente, con la consueta ironia che legge, espone e prende in giro pretese e aspettative del pubblico musicale alternativo. Poi – nello stile ormai consueto della promozione musicale nell’era digitale – si sono susseguite le notizie, qualche nuova traccia, diversi remix. E alla fine è arrivato anche il disco tutto intero. Difficile sostenere, però, che assieme a lui ci sia “il suono del 2011”, qualunque cosa voglia dire. Insomma, Hipster Runoff aveva ragione.

“Zonoscope”, piuttosto, è un bel passo avanti in termini di solidità  per i Cut Copy. Se “In Ghost Colours” svettava con un paio di tracce davvero notevoli ma in altri momenti si dimostrava un poco fumoso, qui l’ascolto regge bene dall’inizio alla fine. Anzi, si può dire che la questione sia completamente rivoltata: non un disco di singole canzoni, ma un album che acquista senso soprattutto quando è preso nella sua interezza. Operazione rischiosa in questi tempi veloci e distratti, ma in fondo ben riuscita, e per questo ancora più ammirevole.

Ciò non significa, capiamoci bene, che dentro a “Zonoscope” non ci siano buone canzoni. “Take Me Over” gareggia senza problemi per l’ambito titolo di ‘migliore brano dei Cut Copy‘ e lì accanto ci sono anche “Alisa”, “Pharoahs & Pyramids” e l’incredibile iniziale “Need You Now”. La ricetta messa a punto dalla band australiana, fatta di studi approfonditi sul synth-pop anni “’80, curiosità  per l’unione tra dance e rock del decennio successivo e osservazione diretta dei più recenti acts funk-punk, si dimostra più che rodata. I Cut Copy vanno avanti con sicurezza e trovano spazio anche per valorizzare i loro tratti più specifici (i cori che guardano ai 60’s della quasi-surf “Where I’m Going” e le dilatazioni sintetiche di “Strange Nostalgia For The Future”) senza rischiare di abbassare il livello di tensione.

Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: un disco solido. Che trova momenti trascinanti e divertenti, altri più sognanti, altri ancora più pacati e soffusi. Che regala belle canzoni, ma anche il piacere di farsi ascoltare dal crescendo iniziale di “Need You Now” fino in fondo alla lunga coda dance-trance di “Sun God”. Di certo, qui, i Cut Copy non hanno voluto prendersi grossi rischi; ne hanno approfittato però per chiarire – a chi ascolta e a loro stessi – di che pasta sono fatti. Si poteva forse pretendere di più. Per noi va più che bene anche così.