Pubblico delle piccole occasioni al Bronson in questo giovedì di inizio primavera, non più freddo ma non ancora tiepido, la signora delle piadine che ha già  chiuso e, pertanto, il gruppo spalla da sorbirsi a stomaco vuoto e con i chilometri di autostrada infestati dall’odore di sterpaglie bruciate da smaltire. Dopo un set inutilmente lungo del sopracitato e non meglio identificato gruppo (come al solito la presentazione viene fatta a mezza bocca e col fiatone), portatore di un suono e capigliature smaccatamente Ottanta delle quali, pare, non ci libereremo mai più, scatta l’ora dei Radio Dept.

Non sento dal vivo il terzetto svedese da quasi tre anni, da quei 20 minuti di concerto a Urbino, bellissimi ma pur sempre di spalla alla resurrezione dei Massimo Volume. Quindi attesa spasmodica, che si fa nervosa quando si allunga a dismisura la messa a punto del palco, accompagnata da un certo disinteresse generale. La tensione covata fortunatamente si scioglie una volta che la band sale sul palco sfoggiando sorrisi rilassati e una sobrietà  nell’abbigliamento che non trova certo sponda nel pubblico che mi circonda, un pubblico che continua mediamente a fottersene. Io non capisco, certo la partenza è col freno a mano tirato, “Freddie and the Trojan Horse” e “This Time Around” non scaldano come dovrebbero, il tecnico del suono ci mette un po’ a carburare e le successive “This New Improved Hypocrisy” e “You Stopped Making Sense” arrivano troppo presto a dilatare e rallentare le percezioni, comunque non capisco il chiacchiericcio ad un concerto che si è scelto e pagato.

Per fortuna arriva una “Keen on Boys” distortissima a sciogliere lo stress fossile e a farmi smettere di notare le mie vicine formanti la coppia di studentesse matricola-undicesimo anno (o giù di lì) a Bologna che non smettono di confrontare le loro gonne oppure il napoletano che bercia e urla “depressi” contro i tre sul palco, barcollando paurosamente. Di lì in poi è una corsa a tutta velocità  in un campo di margherite insieme a “Ewan”, “David” e Kristen Dunst meravigliosa Marie Antoinette per giungere alla splendida versione di “1995” che dovrebbe essere studiata dagli ultimi Strokes. Così dopo quaranta minuti di concerto avviene il miracolo, il pubblico s’è desto proprio mentre parte il trittico tratto dall’ultimo, strepitoso album di studio “Clinging to a Scheme”: “Domestic Scene” sensualissima, “Heaven’s On Fire” (canzone dell’estate 2010) che smuove i piedini degli astanti e strappa gridolini e “Never Follow Suit”. A chiudere il set una ineccepibile “Closing Scene” (non ci sarà  la pantomima dei bis), che mi lascia solo una punta di amaro per un concerto esploso troppo tardi.

I Radio Dept. hanno superato il loro momento difficile e sono più che mai in mezzo a noi a regalarci musica meravigliosa: lunga vita a loro e a casa Labrador, in attesa che Sofia Coppola ci regali di nuovo un film decente.

Setlist:
FREDDIE AND THE TROJAN HORSE
THIS TIME AROUND
THE NEW IMPROVED HYPROCRISY
YOU STOPPED MAKING SENSE
KENN ON BOYS
EWAN
DAVID
THE WORST TASTE IN MUSIC
I WANTED YOU TO FEEL THE SAME
1995
DOMESTIC SCENE
HEAVEN’S ON FIRE
NEVER FOLLOW SUIT
CLOSING SCENE

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