Con l’arrivo della primavera e il ritorno del sole e delle belle giornate, già  si comincia a pensare alla spiaggia e al mare, alle giornate assolate e ai tramonti vissuti sul bagnasciuga.

“De Conversa Em Conversa” vuole, quindi, già  preparare psicologicamente i suoi lettori alla stagione estiva proponendo per questo mese un disco che ha contribuito alla diffusione della bossa nova in tutto il mondo. Stiamo parlando di “Herb Alpert presents Sergio Mendes & Brasil ’66”.
Sergio Mendes oggi è famoso in tutto il mondo, la sua carriera ha preso una svolta discutibile, a partire dalla metà  degli anni ’70, e in Italia è conosciuto soprattutto per la sua collaborazione con Jovanotti nella canzone “Punto”.

Ma vale la pena di conoscere un po’ più approfonditamente un musicista e un arrangiatore sopraffino che ha saputo rendere fruibile la bossa nova senza snaturarla.
Mendes ha sin dall’inizio mostrato le sue qualità  di musicista, a partire da quelle prime session in cui giovanissimo addirittura pagava i proprietari dei locali per esibirsi (sotto forma di consumazioni).
Figlio di un medico, mise su alla fine degli anni ’50 un trio di standard jazz che, col tempo, riuscì ad arricchire il repertorio con i primi brani di bossa nova e a divenire un apprezzato sestetto.
Differentemente da altri suoi colleghi, Mendes ha sempre suonato per mestiere e non ha mai trascurato gli affari, orientandosi sempre verso le tendenze del mercato, al punto da meritarsi l’appellativo ironico di “cantor de mambo” da parte degli Os Mutantes.
“Sergio Mendes & Brasil ’66” è il primo album per A&M e rilegge la bossa nova in chiave pop portando in dote la straordinaria “Mas que nada”, il brano di Jorge Ben portato al successo proprio da Mendes.

Un album per il mercato americano, fresco, veloce, senza troppe pretese che è, però, un vero e proprio capolavoro sia negli arrangiamenti che nell’esecuzione dei brani.
La scelta delle due coriste, Lani Hall e Janis Hansen, si rivelò azzeccata, la tipologia di coro che Mendes aveva in mente si avvicinava molto alla formula usata nel soul, sexy e suadente.
Le canzoni vennero eseguite sia in inglese che in portoghese e gli arrangiamenti, swinganti e jazz-oriented, hanno influenzato per anni molti arrangiatori più o meno famosi.
“Going Out Of My Head” è in pieno stile Bacharach, “Day Tripper”, della coppia LennonMcCartney, senza essere assolutamente stravolta, diventa una bossa viziata, sfacciata, dalle venature mambo e “Slow Hot Wind” di Henry Mancini viene ibridata col potere della bossa nova.

L’album ha l’unico difetto di essere breve ma è un buon inizio per conoscere Mendes. Il suo quintetto darà  vita, in seguito, ad un altro album angolare, “Equinox”, che confermerà  ancora una volta il talento dell’artista di Niteroi soprattutto nello scoprire potenziali hit. “Equinox”, infatti, avrà  in scaletta “Triste” e “Wave” di Antonio Carlos Jobim che diventeranno due caposaldi del canzoniere jobimiano negli anni a venire. Ma questa è un’altra storia.