C’è stato un momento nella storia recente dell’indie (all’incirca dal 2004 al 2006) in cui tutto era diventato paurosamente post-rock. Le prime pagine andavano ai gruppi post-rock, i Mogwai erano i nuovi messia e il Sacro Graal sarebbe stato andare a vedere un concerto dei Godspeed You! Black Emperor. Gli Explosions In The Sky ci sguazzavano gioiosamente dentro con una serie di album dove riuscivano a coniugare con maestria passaggi sognanti ad esplosioni (nomen omen) soniche da 10 e lode. Il tutto può essere benissimo apprezzato in “Those Who Tell The Truth Shall Die…” (2001) e ribadito in “The Earth Is Not A Cold Dead Place” (2003). “All Of A Sudden I Miss Everyone” (2007) riporta indietro l’orologio a “Those Who Tell The Truth”, grazie all’uso di chitarre più d’impatto. Ma s’intravedono i primi segni di quella malattia chiamata manierismo.

E “Take Care, Take Care, Take Care” non è da meno. Intendiamoci non è affatto un brutto disco, ma il confronto col passato appare a tratti impietoso. Meglio passare in rassegna gli aspetti positivi in primis. La ripetitività  che spesso contraddistingue gli stilemi del genere viene qui messa da parte a favore di composizioni più “progressive”, con tanto di momenti di “vuoto cosmico” reminiscente di un certo krautismo anni 70 (o anche dei Pink Floyd di “Ummagumma”). Le chitarre vanno a creare in alcuni tratti delle melodie quasi a dire esotiche, un tentativo forse di scostare esperienze del passato. E poi “Postcard From 1952” è davvero bella ed in alcuni intrecci verrebbe voglia davvero di rimettere su il cappellino da baseball (nel 2005 tutti i postrockers portavano un cappellino da baseball, soprattutto mentre suonavano) e tornare indietro nel tempo.

Purtroppo però non basta. Come al solito, se devo scegliere qualcosa perchè affidarmi alla copia e non all’originale? Non si mette in dubbio la buonafede della band, ma il fatto è che come tante e tante band, gli EITS si sono rinchiusi in un recinto e non riescono ad uscirne. E non hanno quel pizzico di stile in più che li porta a salire al gradino superiore. Per dire, gli stessi Mogwai alla fine fanno quasi sempre la stessa roba oramai: ma ecco che in chiusura dell’ultimo disco ti piazzano una “The Singing Mountain” di 23 minuti che sarebbe da far ascoltare ai bambini alle scuole elementari.

Ho dimenticato un altro aspetto positivo: “Take Care (X3)” è la scusa per un altro tour di una delle migliori live band della scena post-rock e dintorni. E dei live degli Explosions è davvero difficile stancarsi.

Credit Foto: Greg Neate, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons