Andy Stott ha atteso ben cinque anni prima di pubblicare il suo secondo disco ufficiale, dopo il meraviglioso debutto “Merciless”.
Nel frattempo ha curato la propria etichetta (quella Modern Love giunta agli onori della cronaca musicale soprattutto nei primi mesi di questo 2011, grazie all’interessantissima tripla raccolta di ep del duo Demdike Stare) e producendo una discreta abbondanza di singoli, molti dei quali sono stati raccolti nel 2008 nell’ottima e muscolosissima retrospettiva “Unknown Exception”.

Lo scorso anno Andy ha finalmente iniziato, con calma e perizia, a lavorare sul nuovo album, questo “Passed Me By” appunto (che esce solo in digitale e vinile), e ha trascorso i dodici mesi successivi levigando e approfondendo il discorso techno-dub iniziato con l’esordio del 2006: i risultati sono sorprendenti, quella intrapresa è una svolta certamente non inedita, ma di rara potenza e complessità .

Costeggiando i territori dubstep più sperimentali (il gusto destrutturato dei Mount Kimbie, le spigolose profondità  di Distance e Scorn) e allontanandosi sempre maggiormente dalle geometrie techno del passato Stott ha rivoluzionato la propria proposta: all’irresistibile cassa dritta ha preferito un incedere inquieto e spesso minaccioso, all’algida perfezione delle architetture un ribollente magma sonico.

“Passed Me By” è un monolite che, dietro l’asprezza di un’elettronica avanguardista, nasconde ricordi ancestrali dell’Africa più nera: l’alternarsi di disturbi glitch e ricordi soul, l’innestarsi di insistenti riverberi su battiti dispersi, l’apparire improvviso di una luce eterea sopra incredibili abissi.. Queste sono le tracce sonore di un conflitto irrisolvibile tra modernità  e spiritualità . Un conflitto che Andy Stott riesce a fotografare nei suoi momenti più significativi e sublimi.