Parlare dei Beirut è sempre difficile: il progetto di Zachary Francis Condon è passato in pochi anni da grande sorpresa a vera icona dell’ambito indie internazionale (ed in questo senso si può vedere un deciso parallelo con gli Arcade Fire).

Ecco perchè l’attesa per questo nuovo album “The Rip Tide” era decisamente alta. Per il loro quarto lavoro ufficiale c’era forte curiosità  nel capire l’evoluzione di un suono che, come nessun altro, riesce a mischiare il folk balcanico tipico dell’Europa dell’Est con il pop più prettamente occidentale.

Ma questo  “The Rip Tide” non è una vera e propria evoluzione, più che altro una ‘summa’ del suono Beirut,  dove la contaminazione non è mai stata così piacevole e così perfetta, dove i Kings of Convenience incontrano i Gogol Bordello e sembra che suonino insieme da una vita, dove la voce da crooner di Zach sa emozionare anche solamente accompagnata da un piano(“Goshen”, “The Riptide”), dove l’esordio di un po’ di elettronica rende una melodia irresistibile (“Santa Fe”, omaggio alla città  natia), dove i fiati dialogano con il pianoforte  regalando grandi suggestioni (“Vagabond”).

Un ispirato songwriting completa il nuovo lavoro della band statunitense”…nove tracce scritte durante l’inverno scorso a New York, dei piccoli affreschi emozionali che difficilmente vi lasceranno indifferenti.
Se ancora non conoscete i Beirut “The Rip Tide” è senza dubbio l’album giusto per cominciare ad apprezzarli, se già  li amate li gusterete ancora di più in questo lavoro che porta a compimento tutte le piacevoli intuizioni avute dal buon Zachary fin dall’esordio.
Un punto d’arrivo. Il futuro ora non interessa.