Fine agosto, caldo torrido e imperterrito, Wooden Shjips che escono dall’autoradio e braccio fuori. Musica di viaggio e da viaggio la loro e poco importa se la strada da percorrere non assomiglia affatto al Golden Gate o ad una highway dalle mille corsie ma è piuttosto una lingua d’asfalto lunga appena una decina di chilometri. L’importante è andare, farsi trascinare dal basso saturo, le chitarre spaziali e le tastiere lisergiche (aggettivo immancabile), raggiungere la costa, tuffarsi nel mare e convincersi che sia Oceano. Che poi a dirla tutta nemmeno i componenti della band sono veramente di San Francisco ma provengono dalla East Coast (proprio come me!) e “West” rappresenta il loro viaggio attraverso tutte quelle leggende e la derivante fascinazione che l’Ovest ha incarnato per decenni (oggi meno, come più o meno ogni luogo del Pianeta svillaneggiato da Street View).

Terzo album e primo targato Thrill Jockey, “West” rappresenta uno snodo significativo nella carriera dei Wooden Shjips, innanzitutto perchè è il primo registrato in uno studio vero e proprio e poi perchè si lascia alle spalle i suoni più marcatamente garage dei lavori precedenti per approdare ad una psichedelia sì californiana (“Black Smoke Rise”, “Home”) ma che guarda pure ad Albione come testimoniato dai loop di un brano come la conclusiva “Rising”. Rimangono echi East, figli soprattutto di quei maestri incontrastati che sono gli Stooges (“Lazy Bones” e “Looking Out”) nonchè virate “desertiche” in “Flight” che ci portano a due passi dal proto-stoner dei Kyuss,  seppure ulteriormente rallentato e sornione.

Il risultato finale è un disco maggiormente godibile rispetto al passato ma non per questo meno accattivante, con il quale i Wooden Shjips puntano ad uscire dall’underground più duro e puro e farsi conoscere da un pubblico più ampio che di certo non mancherà  di apprezzare una band di grande talento e ottimo gusto. Classici del futuro.