Senza tirare in ballo confronti imbarazzanti bisogna constatare che la scena musicale francese è-purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista)- sempre viva e vegeta. Lo confermano giovanotti di belle speranze  come gli Housse de Racket.

Cresciuto all’ombra di Phoenix ed Air, parte integrante della famiglia Kitsunè, prodotto dal parigino Philippe Zdar (non a caso già  produttore degli stessi Phoenix) il duo transalpino offre o cerca di offrire un riassunto delle puntate precedenti nel secondo album “Alèsia”. Se non leggete la marcata influenza  phoenixiana come profanatoria varrà  sicuramente la pena di ascoltarlo. Meglio, ascoltatene metà .  I due di Chaville sono infatti assolutamente convincenti nella prima metà  degli 11 brani: dinamici, euforizzanti, mai monotoni. Il vero intoppo arriva all’orecchio proprio sull’omonimo pezzo che dà  nome al disco. C’est ici que casca l’asino.  

Se infatti agli Housse de Racket riesce benissimo ispirarsi ai Phoenix,   alzano troppo il tiro quando rischiano l’avvicinamento agli Air. Il cambio d’atmosfera è del tutto drammatico. “Alèsia” è infatti un potentissimo agente soporifero, così   potente non solo da farci reprimere con un moto di repulsione l’iniziale entusiasmo ma da farci parteggiare per il ritorno in auge di “Alouette gentille Alouette”.   Purtroppo questo è anche il punto di non ritorno dell’intero album, che con l’unica eccezione del meraviglioso e francesissimo pop di   “TGV”, si spegne senza appello.

Troppo cattiva? Al contrario, adoro gli Housse de Racket. Ma per chi come me è stato conquistato da uno dei loro entusiasmanti live, quel 50% di   pseudo prog resta un peso morto. Difficile da digerire. Vorrei che da grandi gli Housse de Racket, nello studio di registrazione, si ricordassero quanto si divertono e fanno divertire nella loro veste più leggera e meno cervellotica. Vorrei che il loro prossimo disco si concludesse con la stessa incalzante euforia con cui inizia. E prometto solennemente che vorrò dimenticarmi di quei   20 minuti scarsi di polpettone sonoro che sciupano il resto. D’altro canto quello che suona oltre il polpettone è talmente divertente da rendere tutto il disco meritevole di un BRAVO!. D’altro canto è ancora il tempo delle mele per gli Housse de Racket. Matureranno quelle mele. Si spera.

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Alèsia
[ Kitsunè – 2011 ]
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