Fabric, a Londra, non è una discoteca come tante. Stiamo parlando di un club tra i più fighi al mondo, più che un club oserei dire quasi uno stato mentale. Le compilation che lo stesso Fabric propone sono un’ottima guida per capire l’evoluzione della musica da club ed un ottimo strumento per essere musicalmente al passo con i tempi. La serie “FabricLive” giunge al numero 59, e al mix chiama Four Tet, vero nome Kieran Hebden, guru della dubstep raffinata e pura, che si fonda sui bassi e non sulla cafonaggine dei synth come quella che spopola al giorno d’oggi, quella dubstep che rende omaggio alle influenze che ne hanno caratterizzato la nascita e ne rinnovano lo spirito.

Four Tet parla del suo progetto in questi termini: This mix is not about my DJing. Issa about London and fabric and nights out and my take on all that. The memories and the influences. I used old and new music, I used recordings of fabric, and I made new tracks of my own for it. I hope people play it fucking loud and lose their minds in it and remember or imagine what it’s all about.

Perfetto. Descrizione migliore non si potrebbe dare di una vera compilation FabricLive. In questo caso particolare, mister Hebden ci prende per mano nella sua visione di un djset nel club più all’avanguardia del mondo, tra la già  citata dubstep, IDM, garage e 2step, di cui testimonianza lampante è il remix di Four Tet di “First Born” di Crazy Bald Heads, ipnotico groove 2step jazzato che rende meglio della (già  bella) traccia originale. Grandi nomi in questo volume 59, da Apple a Caribou, da Burial a Villalobos, senza citare tracce eccetto i due inediti del titolare della consolle, “Pyramid” e “Locked”.

Unendo tutto il bagaglio di conoscenza, sia a livello musicale che di tecnica, Four Tet piazza una selezione tra le migliori di sempre e gli affianca una tecnica di mixing impeccabile, rendendo scorrevoli anche i momenti dal beat più spezzato o dal campione più estremo, perfetto contraltare di quel volume della serie Dj Kicks di qualche anno fa uscito a suo nome. Allora c’era un artista che non ha interesse a cosa succede in pista, oggi c’è un’artista che dimostra di sapere come smuovere un locale intero senza sfociare nella cafonaggine o nella cattiveria, ma con una gran dose di raffinatezza.

Questo è un disco che va messo in play ed ascoltato per intero, senza stop, immaginando di essere al bancone del Fabric per una pausa (brevissima), pronto a ributtarti in pista. Oppure, al prossimo aperitivo cool che organizzate. Vivamente consigliato.