The Parlor Mob
Dogs

Reduci dagli allori del precedente “And You Were A Crow” i The Parlor Mob passano al secondo capitolo. Anticipato da “Into The Sun”, singolo che fa il suo sporco lavoro di singolo catalizzando l’attenzione con un andamento tra l’orecchiabile e l’ammiccante, “Dogs” convince solo in parte.

Classici pezzi rock da stadio (la spagnoleggiante e distorta “I Want To See You”, la cattiva “Take What’s Mine”) si alternano a ballate radio friendly (“Hard Enough”, la poppeggiante “Practice In Patience” hanno il DNA di potenziali hit) e a canzoni come “The Beginning”, romantico polpettone da più di cinque minuti con retrogusto tipicamente anni ottanta che deve molto agli Aerosmith. Ma il meglio i Mob lo danno sicuramente quando smettono di pensare alle classifiche e tornano a essere quel gruppo che, solo qualche anno fa, insegnava ai giovani emo che non c’è nulla di male nell’alzare il volume di sei corde e amplificatori a patto di sapere anche quando bisogna abbassare i toni. Le ritmate e intense “How It’s Going To Be”, “Cross Our Hearts”, “Fall Back” (punteggiata da un gran bell’assolo di chitarra) dimostrano che, in fondo, il quintetto del New Jersey non ha completamente perso la propria identità . Tocca però alla commovente “Slip Through My Hands” e alla blueseggiante “Holding On” l’arduo compito di risollevare le sorti di un lavoro altrimenti al limite estremo della sufficienza: missione che riesce senza troppi affanni, lasciando ancor di più l’amaro in bocca per ciò che poteva essere e non è stato.

Vista la fama (meritata) di grande live band acquisita col tempo dai ragazzi, si può ragionevolmente sperare che molte delle tracce di “Dogs” acquistino, dal vivo, tutto un altro sapore. La sensazione di aver ascoltato un album riuscito solo a metà  comunque rimane. Alla fine la promozione ci scappa, ma solo per un pelo.

Ascolta “Into The Sun”