Il tempo non è poi questo gran male, dopotutto. Basta usarlo bene, e si può tirare qualsiasi cosa, come un elastico, finchè da una parte o dall’altra si spacca, e eccoti lì, con tutta la tragedia e la disperazione ridotta a due nodini fra pollice e indice delle due mani. è quanto scriveva Faulkner nei primissimi anni 30. Questa era la sua concezione del dolore. E del tempo. In quegli anni la cosa più grossa che riusciva a frapporsi tra la vita ed il suo umido e fumoso Mississippi era la Grande Depressione. O anche la questione della pelle. Bianco e nero. Di anni ne sono passati da allora, e ti ritrovi fuori la porta di un pub, birra in mano, con la voglia di scappare.

è così che i turbamenti del giovane Bradford Cox: volto emaciato, sguardo languido e leader dei progetti paralleli Atlas Sound e Deerhunter, fanno di “Parallax” il luogo del loro sfogo spirituale. La voglia di fuggire. Di uscire dall’ombra. E quello che si percepisce è una cognizione della tragedia in senso circolare. Proprio come quell’elastico di Faulkner. Qualcosa con cui puoi giocare ma che poi finisce inevitabilmente per svelarsi. Pretend you know the way out of the trap/ And we will go to sleep/ And we’ll have the same dream. Sono le parole di “Te Amo”. Cicilicità . Ossessioni. Sono il succo del percorso intimista di Cox. Che non avrà  mai la caratura intellettuale di un Faulkner qualsiasi, ma rispetto alla musica ha una sua concezione del pop che se non è rivoluzione poco ci manca.

Ad un anno di distanza da “Halcyon Diges” e a due da “Logos”, quello che cambia è il modo di raccontarsi, ora alla ricerca di una soluzione più semplice. Più schietta. Non un pugno in faccia da Foreman, ma neanche una giostra di parole e percorsi obliqui. “Parallax” è un tappeto di fantasie liquide e sognanti. Dodici tracce dal piglio genuino di una confessione, di cui la già  citata “Te Amo”, con il suo psych-pop fluttuante tra una realtà  distorta, acquatica, ed il sogno, ne è l’emblema. Il giro di piano è un vortice che guida in un mondo parallelo. Temporaneo. Mentre la voce di Cox viaggia come attaccata alle pareti.

Tutto l’album scorre disteso, sonnolento, senza mai annoiare. Non ci sono pezzi in grado di trascinare le piazze, nè mai gli Atlas Sound l’hanno cercato, ma dietro l’onestà  di una “The Shakes” o di una “My Angel is Broken” capisci che qualcosa è accaduto. Ne sei rapito. “Modern Aquatic Nightsongs” – che ricorda vagamente i Radiohead meno elettronici di “Kid A” – è come galleggiare a testa in su, sguardo perso nella notte. “Terra Incognita” è molto più di una ballad acustica. A place I’d be/ Able to see clearly/ The beginning and end/ I want to begin. è una via di uscita. Una fantasia. Nello scontro tra il nero dell’ombra ed il bianco della luce non si ammettono sfumature, vince l’ipodiscendenza. Ma eccolo poi fare un passo indietro nella conclusiva e più deerhunteriana “Lightwork”. Everywhere I look/ There is a light and/ There’s no pain. Forse pentito. Magari redento.

Messo a segno l’ennesimo colpo vincente, sul talento cristallino di Bradford Cox ci si può ormai scommettere. E quando un giorno la memoria collettiva avrà  finalmente assimilato e decodificato gli anni in cui viviamo, il suo nome sarà  molto più che un semplice ricordo. Un giorno, quando anche lui avrà  abbandonato certe scappatoie forse ancora adolescenziali, di “Parallax” rimarranno le suggestioni e gli Atlas Sound, così come i Deerhunter, a quel punto, avranno fatto scuola.

Parallax
[ 4AD – 2011 ]
Similar Artist: Deerhunter
Rating:
1. The Shakes
2. Amplifiers
3. Te Amo
4. Parallax
5. Modern Aquatic Nightsongs
6. Mona Lisa
7. Praying Man
8. Doldrums
9. My Angel Is Broken
10. Terra Incognita
11. Flagstaff
12. Lightworks