Nashville, Tennessee, è conosciuta a livello mondiale come la capitale del country. Location del Fan Fair, del “Nashville Sound” capitanato dal produttore Chet Atkins, la città  è anche patria di diversi artisti che hanno fatto la storia del genere. Essendo all’attivo da più di venti anni, i Lambchop di Kurt Wagner si assicurano un posto di onore nella branchia alternativa, fatta tanto di country quanto di accenni post-rock, soul, reggae e di lounge-music.

Dopo l’annunciata fine dei giochi successiva all’uscita di “OH (Ohio)” nel 2008, li Wagner ricompare con un nuovo album, undicesimo della carriera, che affonda profondamente le radici nella lounge-music e la tradizione “‘swingiana’ di Sinatra, Martin e Sonny King. “Mr. M” nasce dall’idea di un amico di Wagner, il quale annuncia di aver pronti degli arrangiamenti che con i suoi testi potrebbero creare un perfetto “Sinatra psichedelico”. Il country emerge pallido in alcuni brani, toccando anche vette onirico-malinconiche alla Nick Drake (“Never My Love”, “Mr. Met”), spesso arricchito da cori femminili e un manipolo di archi che si rifanno all’alt folk contemporaneo di Alessi’s Ark (“Kind of”, “Nice without Mercy”). Se l’atmosfera da piano bar è facilmente riconoscibile nella apertura di “If not I’ll Just Die”, i tocchi elettrico-psichedelici sono rari, ma attestati dalla chitarra latineggiante in “2B2” o la batteria sincopata di “Gone Tomorrow”. Appetitose anche l’armonica di “The Good Life (is Wasted)” o gli accenni più sognanti di “Betty’s Overture”, che fa il verso alle colonne sonore degli anni ’30, con trombe e pianoforte in piena atmosfera felliniana memore dell’ultima fatica di Danger Mouse e Daniele Luppi.

Non sarà  quello che si può definire una rivisitazione acid folk di Frank Sinastra, ma “Mr. M” riserba qualche interessante sorpresa, in un continuo gioco spazio-temporale che da Nashville degli anni ’60 arriva fino alla New York degli anni ’40.