Nicola Manzan, a.k.a. Bologna Violenta, non può e forse non vuole essere capito da tutti. Molte volte nel popolino “cosciente” della musica indipendente italiana ho sentito il refrain: “Che musica assurda quella di Bologna Violenta!”. No: questo è un progetto che va capito che può toccare alcune corde solo se incorniciato all’interno di un preciso contesto.

Manzan è un bravissimo polistrumentista, diplomato in violino (ad esempio ultimamente ho avuto modo di sentire diversi suoi passaggi all’interno di “Fenice” dei Ronin) che nel 2005, ispirato dai film polizieschi anni ’70, trova un modo più nudo e crudo rispetto al groove e ai fiati dei Calibro 35 per raffigurare quell’immaginario: una musica violenta, caotica, fredda, cibernetica.

“Il Nuovissimo Mondo” (2010, Bar La Muerte e sempre sia lodata!) fa girare molto il nome Bologna Violenta che in contemporanea praticamente si trova a venire esonerato dal ruolo di chitarrista del Teatro degli Orrori. Meglio per lui. Ed arriviamo quindi a “Utopie e Piccole Soddisfazioni” che arricchisce ancora di più il sound di base del progetto: l’uso degli archi, dei sampler (si comincia con Saragat, passando per canti tradizionali polacchi e quant’altro), drum machines frenetiche che ricordano gli Atari Teenage Riot degli esordi ma accelerati fino alla nevrosi. Gli archi vengono spesso rielaborati al computer, esperimenti di cut-up sintetico che danno ancora di più il senso di colonna sonora degli incubi post-apocalittici di un 2012 di crisi generale.

La cover di “Valium Tavor Serenase” è il giusto omaggio ad una delle band simbolo della musica indipendente italiana e si ritaglia il suo spazio all’interno dell’universo sonoro di Bologna Violenta. I pochissimi testi presenti risultano tanto d’effetto quanto un filo banali in alcuni frangenti. Il finale è invece maestoso: “Finale ““ Con Rassegnazione” sono 6 minuti tra Bach, l’avanguardia del secolo scorso e le tenebre più solenni, quasi un piano sequenza (finale) del mondo raccolto in “Utopie e Piccole Soddisfazioni”.

Bisogna certamente essere preparati per ascoltare un disco simile, avere un minimo di background “uditivo” e non partire con i preconcetti. Ma non si può rimanere di certo indifferenti.