In una dark room affettata da lampi stroboscopici riflessi su qualche mirror ball a terra in frantumi, il Dottor Frank-N-Furter nel suo miglior latex, Edward-mani-di-forbice ed il sorrentiniano Cheyenne ballano agitando la testa. Tutto questo è “Trst”, il prezioso esordio dei Trust, duo canadese che miscela – in un costante gioco di doppi – la baritonale profondità  vocale alternata a falsetti sporchi di Robert Alfons e le basi ipnotiche, rigorose e sintetiche della già  nota Maya Postepsky, spin off Austra. Un manifesto decadente e strappato di una generazione violenta ma romantica, un tripudio di revival Anni Ottanta e duro tappeto gotico nelle basi synth nero pece, nei testi volutamente eccessivi e nella ricercata bruttezza estetica (dimostrata dalla copertina esente da ogni buon gusto).

L’album ubriaca di geometrica complessità  synth-pop, compatto nel nucleo e ruvido ai lati, nel complesso possente. Deriva la sua forza dalla miscela di più anime, tutte sorelle e mai gemelle: gli Austra riecheggiano in più di una base goth anche se sono assenti i vellutati rimandi lirici (“Bulbform” su tutte), i Crystal Castles nelle loro psicosi e psichedelie dancetroniche sono un riferimento costante (“Gloryhole” è un tributo), mentre un’ombra witch aleggia spettrale senza essere mai troppo invasiva e pervasiva. Tutto il resto è un sintetizzato sabba eighties, che fonde ballabile l’elettronica di due o tre decadi, richiamando a più riprese gli spiriti di Depeche Mode, Front242, Pet Shop Boys e The Cure, fino all’electro dark dei The Knife, gli ultimi The Horrors, i primi Cold Cave e un tapis roulant meccanico e implacabile come solo Giorgio Moroder.

Omogeneo nella sua composizione e nel suo fluire, “Trst” ospita potenziali grandi singoli affiancati a pezzi di rinforzo talvolta meno potenti. “Shoom” apre l’album dettandone, preciso ed ipnotico, le direttive gotico-meccaniche e preparando il palato ad una parte iniziale quasi impeccabile: si attraversa un loop incalzante che arriva diretto dai New Order (“Dressed for Space”) fino alla prima perla, la mai saziante Bulbform, che esplode l’esperienza Austra di “The beat and the pulse” limandone via la superficie patinata e lasciando solo un ruvido richiamo ancestrale. L’ossessività  raggiunge l’apice nei trattamenti distorti di “The Last Dregs” per acquietarsi con il glorioso “Candy Walls”, figlio introverso e riflessivo dei Crystal Castles, candidato ad essere altra colonna portante dell’album.

I Crystal Castles, miscelati a un più triviale ma epocale manifesto come “King of my Castles” dei Wadmue Project, tornano ad infestare le basi di “Gloryhole”, portando però l’ascolto in una dimensione di minore scorrevolezza: rigore ritmico e ripetitività , certo encomiabili per coerenza, fanno però scendere i giri in questa parte (la volgare “This Ready Flesh” e la sognante “Heaven” si risollevano solo grazie alla tribale “F.T.F.”). La chiusura rimane tuttavia altissima, quanto l’incipit e quanto l’intera poetica che sorregge l’album, grazie a due brani quali Chrissy E, orgoglio depechemodiano, e il singolone finale “Sulk” che sigilla decadente e sintetizzato l’universo creato dai Trust: denso, malsano e pulsante come l’aria nei locali quando la notte sta lasciando il posto ad un’alba ricamata di nubi. Apocalittico e ossessivo, a tratti efferato, “Trst” dipinge un torbido mondo parallelo in cui il solo a guidarci è il magnetismo salvifico del ritmo, che parte dal pulsare del polso e si chiude in un fulminante battito di ciglia.

TRST
[ Arts & Crafts – 2012 ]
Similar Artist: Austra, Crystal Castles, Light Asylum
Rating:
1. Shoom
2. Dressed for Space
3. Bulbform
4. The Last Dregs
5. Candy Walls
6. Gloryhole
7. This Ready Flesh
8. F.T.F.
9. Heaven
10. Chrissy E
11. Sulk

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