Recensire un disco jazz, per uno che ha sempre privilegiato altri sound (pur non disdegnando, evidentemente, il genere in parola), è impresa non poco ardua. Fosse per me, liquiderei la faccenda dicendovi che il disco è uno dei più raffinati, eleganti e (massì perchè no?) ‘fighi’ del 2011.

Se permettete, faccio un po’ di “melina” con qualche cenno biografico (tutt’altro che trascurabile, comunque) sull’artista. Dunque, Ambrose Akinmusire è un trombettista californiano di 29 anni che può già  vantare collaborazioni di un certo prestigio con sassofonisti del calibro di Jon Henderson, Joshua Redman e Steve Coleman. Dopo aver frequentato e portato a termine, nell’ordine, la Berkeley High School, la Manhattan School of Music, l’University of Southern California e il Thelonious Monk Institute of Jazz, in cui è stato allievo anche di Herbie Hancock – mica pizza e fichi – nel 2007 ha vinto la prestigioserrima Thelonious Monk Institute of Jazz Competition (la cui giuria era composta anche di gente come Quincy Jones e Herb Alpert).

Giungiamo quindi al 2008, anno in cui esce il debutto “Prelude: to Cora” (dedicato alla madre Cora) che fa drizzare le orecchie a stampa e addetti ai lavori. Arriva poi il contratto con la Blue Note Records e la pubblicazione di questo When the Heart Emerges Glistening.
L’apertura è riservata al crescendo di “Confessions to My Unborn Daughter”, quasi lo sbocciare di un fiore scandito dalla tromba di Ambrose (la quale si getta, nel corso degli oltre otto minuti del pezzo, in assoli dolcemente strazianti) e dal sassofono tenore di Walter Smith III. Si passa senza stanchezza dall’eleganza pianistica (grande Gerald Clayton) di “Jaya” alla cullante raffinatezza delle atmosfere più notturne e quasi “cool jazz” di “Henya” (con un’intro riservata esclusivamente al basso di Harish Raghavan), per poi giungere ad una sorta di divertissement, che spezza un po’ con i toni classici, quale “My Name is Oscar”, saggio di bravura del batterista Justin Brown con Ambrose che ripete ossessivamente il titolo stesso.

Consigliare un album come questo che non presenta passaggi a vuoto è un dovere oserei dire morale. Album per tutti i giorni, per tutte le stagioni.