Non tutto passa, non tutto deve passare così in fretta. Come quei rari amori che vincono il tempo, che vanno controcorrente, come una speranza che incontra finalmente un cielo e un sentiero amico, “Bloom”, quarto album della premiata ditta formata dalla organista Victoria Legrand e dal menestrello-arrangiatore Alex Scally a.k.a. i Beach House, giunge nelle nostre orecchie e nelle nostre vite per rinnovare la magia che era custodita nello zuccheroso “Teen Dream”, mostrandoci un duo ancora in formissima, ancora emozionato e capace di emozionare.

La Casa sulla Spiaggia amplia così il proprio spettro cromatico senza rivoluzionare del tutto il proprio sound ma rendendolo più arioso e un po’ meno introverso e inserendo delle ritmiche dal timbro un po’ meno spartano. Ma non si tratta di aprirsi al mondo dei Desti. Si tratta di vivere ogni momento di questo piccolo-grande-piccolissimo mondo onirico parallelo fatto di minuti sussulti gioiosi, malinconie pastellose e quieti vortici di ricordi sgranati senza più nascondersi tra le pieghe vellutate di esso ma solcandole e modellandole con maggiore consapevolezza. Non più interpreti, filtri e specchi di sogni, ma artefici, domatori, “coltivatori” di essi.

E i semi diventano presto gigli traboccanti di vita e di innocenza, ma anche tremanti di fronte alla coscienza della caducità  delle cose e alla possibilità  della perdita della purezza, davanti agli occhi della nostalgia che si perdono tra i viluppi che germogliano con movenze sontuose del singolo di lancio “Myth” o i ghirigori fluorescenti di “Lazuli”, che diventano fuochi d’artificio accecanti a sfidare avvolgenti e struggenti firmamenti cobalto in coda, con la Legrand che incontra se stessa in un meraviglioso intreccio di linee vocali che si spinge oltre il concetto di “celestiale” per sfociare in una solenne spiritualità  in realtà  trafitta da una velata, sottile malinconia.

L’effetto-ripetitività  a volte pare essere incombente ma viene sempre evitato con grande classe e un con un cuore davvero immenso, che rendono i carillon fatati di “Troublemaker” (brano che possiede il ritornello più bello e intenso del disco) e “Wishes” qualcosa di sempre avvincente e “diverso” ad ogni nuovo ascolto.

Solo più ascolti e più tempo ci diranno che posizione merita questo “Bloom” nella discografia dei Beach House. Intanto i Beach House sono riusciti più che mai nell’intento di unire levità , innocenza e vera dolcezza a una sontuosità  e una malinconia che non appartengono probabilmente a questa Era.

Credit Foto: Shawn Brackbill