Il musicista che si chiama producer, gli strumenti che sono macchine e software, questo mi hanno insegnato le prime lezioni di musica elettronica (credo anche le ultime) che mi sono autoimposto per andare fuori dal campo auditivo preferito. Che poi cos’altro è avere un genere musicale preferito se non una limitazione autoimposta, una resa all’invecchiamento, una sclerotizzazione fatta passare per sicurezza.

Squarepusher è un’istituzione della musica elettronica, Tom Jenkinson è un essere umano molto probabilmente schivo e gentile, senza fronzoli nè segni particolari in un ambiente che negli ultimi anni pare apprezzare solo questi ultimi. Un mondo che ha visto gonfiare le proprie fila a dismisura mentre la tecnologia abbatteva i costi ma pure il comune senso del ridicolo creando fenomeni da baracconate, cialtroni riconoscibili esclusivamente per look eccessivi, cacoestetici (azzardo), e per prodotti musicali non lontani concettualmente dai latrati dei peggiori cantanti pop. Il supermercato delle vanità .

“Ufabulum” è l’ennesimo disco nella carriera quasi ventennale di Squarepusher e probabilmente non aggiunge nulla di nuvo al genere ma dimostra in maniera lampante come, pur non potendo parlare di melodia, di certo ci possa essere armonia nel lavoro con le macchine: l’armonia delle relazioni numeriche che sono alla base del lavoro di composizione del Nostro. L’armonia collaborativa tra cervello umano e software sintetico che si palleggiano immagini che si fanno suoni e viceversa fino a dar vita ad un prodotto come “Ufabulum” davvero gustoso alle orecchie e a quello che c’è intorno ad esse, con una piacevole sensazione di caos nel quale lasciarsi andare senza paura di venire travolti. Rallentamenti e accelerazioni che si susseguono, cambi di ritmo e di paesaggi sonori tanto repentini quanto affascinanti trascinano l’ascoltatore nei cinquanta minuti abbondanti del disco senza frastornare mai, senza indispettire. Come già  detto non vi è niente di innovativo in questo disco ma proprio per questo motivo perfetto paradigma dello stato dell’arte.

Credit Foto: MLister [CC BY 3.0], via Wikimedia Commons