Crederete mica che la California sia tutta spiagge, sole, surf, deserti, cactus e belle cose varie? Fate bene a non farlo, perchè i tipi in questione pur venendo da San Diego sanno più di cantine buie, umide, Harley Davidson e locali da Hells Angels.
I Crocodiles di spiagge, sole e tutte quelle cose lì non hanno e tantomeno sanno nulla. Vestiti di nero, capelli laccati anni ’50 se ne vanno in giro a suonare il loro acido garage rock che più che California sa tanto di Berlino, krautrock e derivati.
Non è un caso che circa un anno fa abbiano fatto i bagagli e si siano trasferiti nella capitale tedesca. Lì hanno conosciuto un tipo che gestiva un locale, il Ficken 2000, che ha offerto loro la possibilità  di suonarci ogni qualvolta lo desiderassero.

Devono essere nati in quelle serate questi dieci pezzi al ‘sapore di birra’ che compongono “Endless Flowers”, terzo album targato Crocodiles. Ora, se pensate che il gruppo risponda ancora esclusivamente ai nomi di Brandon Welchez e Charles Rowell siete rimasti indietro. In questo nuovo lavoro il gruppo si ritrova in assetto live con dietro ai piatti la bionda Alianna Kalaba, al basso Marco Gonzalez e alle tastiere Robin Eisenberg, e tutto ciò non fa altro che giovare al suono, molto più ‘pompato’ e rifinito, del gruppo californiano. Loop di chitarre che ti si infilano in testa e non ne escono più sono la forza dei ‘coccodrilli’ (vedi “Endless Flowers” e “Sunday (Psychic Conversation #9” con tanto di attacco contato in tedesco), che allo psych-rock di pezzi come “My Surfing Lucifer” e “Dark Alleys” alternano ballate a-là  BRMC, per non scomodare i soliti Jesus and Mary Chain, (“Hung Up on a Flower” e “Welcome Trouble”) e tratti di romanticismo inedito da queste parti (“No Black Clouds for Dee Dee” forse il capitolo migliore dei dieci).

D’altronde che il gruppo di Welchez e Rowell avesse la corteccia dura lo avevamo capito fin da subito, quando non bastò Pitchfork a fermarli stroncando il loro album di debutto con un gelido 4.1. Tre anni dopo i due, ormai cinque, sono ancora vivi e battono un colpo, un duro colpo di rock’n’roll”…al gustoso retrogusto di birra.