Il tempo è danaro recita un vecchio adagio ma se davvero in un futuro prossimo l’intero sistema economico e sociale si basasse sul tempo come moneta? E’ questo l’incipit da cui parte il regista e sceneggiatore di culto Andrew Niccol, autore dello script di “The Truman show” e dietro la macchina da presa nei film cult “Gattaca ““ La porta dell’universo” e “Lord of War”, che dopo sei anni d’assenza torna con un nuovo action-movie futuristico in cui le realtà  manipolate e l’antropologia fantascientifica, suoi temi dominanti, vengono riproposte sullo schermo all’interno di una società  futuribile in cui l’umanità  è sottoposta ad una struggle for life frenetica ed inquietante.

Questa volte sceglie come protagonista la stella del pop Justine Timberlake che interpreta l’intrepido Wills Salas, un giovane abitante di un futuro distopico in cui il gene dell’invecchiamento è stato debellato. Allo scattare del venticinquesimo anno d’età  si smette d’invecchiare e sul braccio di ognuno appare un countdown con i giorni, le ore e i minuti che mancano alla fine della propria esistenza. Will abita con la madre in un quartiere povero in cui la corsa alla sopravvivenza è giornaliera, ogni mattina ha solo 22 ore per lavorare e cercare di guadagnarsi altro tempo prezioso per vivere ancora un giorno. A qualche miglio di distanza pero’ c’è la società  perfetta dei miliardari di New Greenwich con all’attivo centinaia di anni e più da spendere che ambisce all’eternità  e vive giornate oziose lontane dai pericoli per timore di perderla.

All’interno di una società  futuribile e una divisione rigorosa degli spazi Niccol s’interroga nuovamente sul destino dell’umanità , in cui smettiamo di essere persone e diventiamo merce, scambiabile e trattabile nel mercato della vita. Come già  nel suo piccolo capolavoro sci-fi di qualche anno fa, “Gattaca”, la società  è suddivisa in due classi, i poveri mortali e i ricchi immortali, scartando l’ipotesi di superiorità  genetica per propendere verso quella socio-economica come disuguaglianza sociale. Lo spunto di partenza è stimolante e conturbante ma il risultato finale non è all’altezza delle aspettative. I contenuti etici, morali ed estetici non vengono approfonditi a dovere a discapito di una spettacolarizzazione eccessiva e a volte perfino fuori luogo. Nel dipanarsi la storia perde mordente ed originalità  cadendo nel convenzionale e nella prolissità  avvitandosi su sè stesso con conseguente prevedibilità  dello sviluppo narrativo che risulta farraginoso e asettico.

Justin Timberlake e Amanda Seyfried dal canto loro non hanno il carisma e l’appeal necessario per reggere la pellicola e contribuire a dare spessore alla psicologia dei personaggi.
Quella che poteva ambire a diventare una nuova pellicola di culto di genere si rivela un ordinario film d’intrattenimento di fantascienza, come un amante gentile che seduce, illude ed abbandona presto.