Quante cose vengono da scrivere ascoltando il secondo attesissimo album di Wild Nothing, al secolo Jack Tatum. Quasi nessuna che riguardi la musica. Innanzitutto (si fa per dire) “Nocturne” è stato presupposto per una grossa litigata a mezzo social network tra i collaboratori di due “importanti” webzine italiane; un lancio di stracci da strapaese, probabilmente facilitato dal caldo torrido che ha sciolto cervelli già  non propriamente in fase. Il tutto sarebbe noiosissimo se non fosse preoccupante, grottesco e demenziale in senso negativo. La seconda è un vano tentativo di comprendere cosa faccia di una moda una moda, oggi tocca al “dream pop”: sonorità  dilatate e garbate, sognanti appunto, con riprese ecumeniche delle dinamiche shoegaze, ma pure da quel pop un po’ gotico che affonda le radici sul finire dei Settanta (Police, Cure), a condire testi intimi, raggomitolati, in taluni casi autistici; tutto molto bello se serve a distaccarsi dal remake degli Ottanta che dura da un decennio ma per lunghi tratti noioso al limite del trauma cranico.

Questa recensione esce oggi, piuttosto a ridosso dell’uscita dell’album di cui tratta, quando probabilmente molti saranno così annoiati di leggerne che si scorderanno di ascoltare anche le undici tracce che formano “Nocturne”, perchè nel frattempo si starà  parlando, altrove, di una delle millanta grandi uscite dell’autunno prossimo. Che ci volete fare, da queste parti siamo tanto stupidi da credere che una qualunque recensione, pure la più illuminante (figurarsi questa) non potrà  mai stare sullo stesso piano dell’opera d’arte che descrive. Ora basta farneticare però: sappiate che il disco di Wild Nothing non è un capolavoro, non è sconvolgente ma sa essere coinvolgente, soprattutto nella seconda parte, diciamo da “Disappear Always” in poi con i veri colpi di genio “Paradise” e “Counting Days” subito a seguire, quando cioè la camicia perfettamente stirata di Jack inizia a gualcirsi e il ciuffo a bagnarsi di sudore.

Un mezzo buco nell’acqua, considerate le attese.

Photo credit: Bandcamp