Certo che ho una cuginetta proprio ganza: come altro definire una piccola panzerottina di 2 anni che un bel giorno di quest’estate si presenta a casa mia mentre ascolto musica e si mette a ballare con “Soon” dei My Bloody Valentine e con l’ultimo album dei Peaking Lights in sottofondo? Al pararsi della scena rimango inevitabilmente estasiato, quindi le somministro un altro disco che in quei giorni di caldo tropicale mi teneva compagnia. Vediamo un po’ se ti piacciono questi, Angie”… Si chiamano Django Django. Traccia numero tre: “Default”. Ed eccola che riprende a danzare leggiadramente. Le piacciono anche loro. Finisce il pezzo e mi guarda con faccia sgomenta. Tranquilla, ora parte “Firewater, e ricomincia a muoversi tutta concentrata.
Bel lavoro – penso allora – cari i miei Django Django: non solo ve ne uscite con questo esordio miscela esplosiva di psichedelia a due teste (Beach Boys e Animal Collective), electro-pop-rock di matrice talkinheads-iana, qualche spruzzata di geometria made in Eno, desertismi morriconiani e cantato corale un po’ alla Fleet Foxes un po’ a Wilson e co., ma iniziate anche la bella cuginetta alla musica che piace tanto al cuginone.

Angie ballerà  anche su “Zumm Zumm” (ossessivo giro di basso e cumbia da rito voodoo tutti in cerchio inframezzato da momenti down-tempo per tirare il fiato), “WOR” (inseguimento agli indiani con solito ritornello defatigante rigorosamente cantato in coro, su “Life’s a Beach” (che sembra davvero disegnare scenari da balli di gruppo in spiaggia). Non ballerà , invece, su “Hand of Man”, ma solo perchè è pezzo più rilassato e lei, invece, ha l’argento vivo addosso.
Da tutto questo calderone, a dare quell’esotismo in più al già  vastissimo caleidoscopio di colori e paesaggi suggeriti, ecco spuntar fuori la strumentale “Skies Over Cairo” (il cui titolo dice proprio tutto).

Se Angie, che avrete capito essere (piccola, molto piccola) donna di gusto, avesse potuto descrivere quest’album avrebbe detto semplicemente: Una bomba. Vi fidate?

Credit Foto: Jenna Foxton