Era il 1997 quando i Soundgarden scrivevano la parola “fine” alla loro vita in comune. Grazie a tutti, ma non siamo più una band. Divorati dal successo e dai demoni personali, maledizione di tante rock star. Un divorzio consensuale cui i fan hanno fatto fatica a rassegnarsi, sperando sempre che prima o poi cambiassero idea. Sono stati accontentati nel 2010, con la reunion che ha portato alla nascita di “King Animal”. Album dalla gestazione lunga, dovuta ai molteplici impegni di Cornell e soci, ma il risultato non lascia insoddisfatti.

I mea culpa, per cominciare. “Been Away Too Long”, classico singolone che cattura al primo ascolto, sembra voler dire: ci dispiace, avete ragione, siamo stati via per un po’. Vi siamo mancati? Si? Bene! No? Fa lo stesso, tanto siamo di nuovo qui che voi vogliate o meno. Ci prova Chris a cospargersi il capo di cenere, cantando: No one knows me, No one saves me, No one loves or hates me, I’ve been away for too long, con risultati tutto sommato discreti anche se non eccezionali. Scuse accettate e pace fatta, si comincia a carburare sul serio. C’è molto del passato dei Soundgarden, nel disco numero sei della loro lunga e travagliata carriera: il basso mutante di Shepherd in “By Crooked Steps”e i riff pesanti come un macigno di una “Blood On The Valley Floor” dal mood oscuro e limaccioso come ai bei tempi, gli acuti da ricovero (“Non State Actor” e “Worse Dreams”), l’interessante linea vocale nel ritornello di “Eyelid’s Mouth”. “Black Saturday” è la “Like Suicide” del nuovo millennio, post-Lehmann Brothers e post crisi, più matura e disillusa ma altrettanto graffiante mentre “Rowing”, coi suoi cinque minuti d’incedere lento e dannato che ne fanno praticamente una “Toy Box” un po’ ripulita e con un tocco di blues, dimostra ancora una volta quanto i Black Sabbath abbiano influenzato il quartetto di Seattle. Certo anni di separazione non sono passati invano e qua e là  Cornell sale in cattedra, facendo tesoro della sua esperienza negli Audioslave (“Bones Of Birds”) e da solista (“Taree” e l’acustica “Halfway There”, che riprende dove “Down On The Upside” aveva lasciato). Capitolo novità : “A Thousand Days Before”, che flirta con i sapori orientaleggianti dell’India e in cui si sente forte e chiaro lo zampone del buon Thayil e “Attrition”, fulmineo assalto sonoro tutto ritmo che sembra nato da una jam, con Matt Cameron che si mette al volante, fa bella mostra di sè e pare avere mille braccia.

“King Animal” è il primo passo di un nuovo inizio per Chris, Kim, Ben e Matt, che ne escono con la reputazione intatta. Macchina da guerra erano allora e macchina da guerra sono ancora oggi. Molte di queste canzoni si inseriranno perfettamente nei live, affiancando i grandi classici senza sfigurare. Che piaccia o meno, i Soundgarden sono tornati ed è come se non se ne fossero mai andati.