Dieci anni fa usciva “Gamera”, impasto di rap, folk ed elettronica di un terzetto di ragazzi furlani cresciuti col rock ma capaci di assorbire qualunque influsso generato dall’underground nazionale a partire dalla metà  dei Novanta. “Gamera” era davvero una cosa nuova, in una scena che cercava vie che fossero diverse da quelle dettate da consorzi indipendenti e giri delle grandi città , la provincia si faceva conoscere e si dimostrava intelligente e capace, anche di vendere, di comunicare. Infatti dicendo Amari dici per forza Riotmaker, l’etichetta che ha saputo fare della felicità  un brand, che ha prodotto dischi ma anche abbigliamento colorato e iconografia: il cuore in fondo alla galleria, l’Arcobalena (“Gran Master Mogol” resta un capolavoro anche ascoltato oggi), i pettorali di scimmia e i cuori fucsia. Ma pure musica amichevole, scanzonata, leggera certo ma non solo nel senso di genere, anche quello che delinea un vivere con leggerezza, il volersi bene come cosa positiva, il non prendersi troppo sul serio. Insomma è stato bello avere vent’anni negli anni Duemila. Oggi il tempo è passato e inevitabilmente ha lasciato il segno, i visi si sono induriti e sono spuntati i primi peli bianchi nella barba. Ci si rende conto che la bellezza è illusione per lo più e ci si scontra con una realtà  brutta, sporca e cattiva che ti aspetta appena fuori dal recinto morbidoso che pensavi fosse reale. I fratelli minori ascoltano minorati mentali che sbraitano di quanto sia giusto prendersi la ricchezza, soprattutto se sei nato povero, idolatrano lo stile Kevin “Prince” Boateng (calciatore mediocrissimo), fanno sguardi torvi, si mostrano aggressivi, inclini alla violenza verbale, fisica e sessuale. E per te giovane e vecchio allo stesso tempo, a seconda degli interlocutori, non c’è spazio, non interessi a nessuno, senti tanto parlare di “Club Privè” e non capisci come mai ci si interessi all’unico disco veramente brutto dei Massimo Volume. Appunto non capisci.

Queste le sensazioni provocate da “Kilometri”, settimo disco degli “Amari”, splendidi ventenni che non si raccapezzano con la vita adulta, ma chi può davvero affermare di riuscirci? Un disco debolissimo, fragile dal punto di vista musicale, che ha perso quasi tutta la verve dei tempi migliori, senza guadagnare in autorevolezza, ma soprattutto sotto il profilo dei testi, involuti e sciapi. I giochi di parole di cui furono maestri non funzionano più, gli argomenti, sempre gli stessi ma sempre più fiacchi, perchè sarà  pure vero che siamo tutti giovani fino a cinquant’anni ma dall’intelligenza ci si aspetterebbe una ribellione, ovviamente gentile. Qui non ce n’è traccia e siccome so che Dariella, Pasta e Cero sono persone intelligenti, devo concludere che siano davvero e inesorabilmente stanchi.